La raccolta differenziata, su una media nazionale del 55,5% raggiunta nel 2017, vede la Regione Siciliana fanalino di coda con una media del 22% e il Piano Regionale di Gestione Rifiuti non decide su prevenzione e riduzione dei rifiuti, non esclude la realizzazione di inceneritori e non tiene conto delle esigenze del territorio per il trattamento dell’umido. È quanto emerge dal dossier “Impianti rifiuti Sicilia”, redatto ed elaborato da Anita Astuto e presentato da Legambiente Sicilia ai Cantieri culturali alla Zisa di Palermo. “Un lavoro – come ha sottolineato Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia -, che nasce dalla volontà di dare un contributo  al tema rifiuti proprio in un momento cruciale che vede la nostra regione uscire dall’assetto emergenziale durato decenni in vista dell’approvazione del Piano Regionale di Gestione Rifiuti, il primo in via ordinaria”.

Quello che appare evidente nel documento è che la raccolta differenziata in Sicilia è ben al di sotto dell’obiettivo nazionale del 65% tuttavia nel 2018 si è registrato un trend positivo per i primi nove mesi, come comunicato dal Dipartimento Acqua e Rifiuti della Regione Siciliana che ci fa ben sperare.

Secondo dai dati Ispra del 2017, su una produzione totale di rifiuti su scala regionale di 2.299.125 tonnellate, la quantità di rifiuti differenziati si attesta a 498.630 tonnellate, mentre sono ben 1.795.700 le tonnellate di  rifiuto indifferenziato (RI) che vanno a smaltimento insieme a 4.795 tonnellate di ingombranti. Vale a dire che la raccolta differenziata in Sicilia nell’anno 2017 si attestava al 22% e – di questa ridotta percentuale – il 40,6% era costituito dalla frazione organica, quasi il 10% del rifiuto totale. Peraltro il rifiuto indifferenziato prodotto in Sicilia non può essere definito Rifiuto Urbano Residuo perché di fatto più che di “residuale” – vale a dire ciò che ancora non è differenziabile perché tecnicamente non riciclabile – è appunto “indifferenziato”  – vale a dire ciò che i siciliani ancora non vogliono differenziare o che i Comuni si ostinano a raccogliere in modo indifferenziato, nonostante gli obblighi di legge.

In tema di discariche, nel Piano si prevede un ampliamento per quelle esistenti da una capacità (ad ottobre 2018) di circa 3.000.000 di metri cubi a 10.000.000 di metri cubi (senza considerare i 2.800.000 di metri cubi di una discarica che potrebbe sorgere a Centuripe) e l’individuazione nei prossimi sette anni di cinque siti alternativi. A questi dati oggettivi si aggiunge la vaghezza in merito agli impianti di recupero energetico (inceneritori), la cui ipotesi di realizzazione non viene esclusa: dunque si riapre agli inceneritori e si lascia la decisione alle autorità territoriali.

“Dalle analisi effettuate – sottolinea Anita Astuto – emerge u’impreparazione del territorio ad intercettare tali frazioni in un circuito virtuoso fatto di Centri Comunali di Raccolta con annessi centri per il Riuso, di raccolte a domicilio, di convenzioni dei Comuni con i consorzi di filiera – per i rifiuti urbani, ma anche di piattaforme consortili per la gestione dei rifiuti di imballaggio provenienti da attività economiche, infine di impianti industriali con soluzioni tecnologiche innovative”.

Per quanto riguarda gli impianti per il trattamento della frazione organica per Legambiente la pianificazione su scala regionale richiederebbe l’impegno di analizzare, caso per caso e territorio per territorio, il fabbisogno e la relativa capacità impiantistica – attuale e in divenire – così poi da dotarsi dei soli impianti necessari, evitando di prevedere lunghi spostamenti di rifiuti e con le scelte tecnologiche più sostenibili. “Piuttosto, dunque, che limitarsi ad una ricognizione dell’impiantistica esistente e in divenire, nel PRGR avremmo voluto vedere una pianificazione della stessa, – continua Astuto – al fine di porre le basi per il raggiungimento degli obiettivi che la Regione Siciliana dice di prefiggersi, quale ad esempio quello dell’autosufficienza di ogni ambito territoriale”.

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