In occasione della chiusura della campagna referendaria sui cinque quesiti in materia di giustizia che saranno votati dagli italiani il prossimo 12 giugno a Palermo vengono spiegate le regioni del sì. All’Astoria Palace Hotel di Palermo, il 10 giugno, alle 17,  è in programma il dibattito organizzato dal Comitato “Sì per la libertà, Sì per la giustizia” presieduto da Carlo Nordio, ex procuratore aggiunto di Venezia.

I cinque quesiti sulla riforma della Giustizia

I riflettori saranno accesi principalmente sui cinque quesiti referendari. All’evento, parteciperanno, tra gli altri, Bartolomeo Romano, ordinario di Diritto penale Università di Palermo e vicepresidente del Comitato,  Simone Alecci, giudice per le indagini preliminari Tribunale di Palermo, Luca Palamara, ex magistrato, ex componente del Consiglio superiore della magistratura. Il dibattito, sarà moderato dai giornalisti, Gaetano Mineo e Luigi Stancanelli.

Ecco i temi del referendum

Il primo quesito chiede all’elettore se sia favorevole a coinvolgere nella valutazione dei magistrati anche avvocati e professori in materie giuridiche. Il CSM esercita il potere valutativo sulla base del parere fornito dai consigli giudiziari, a cui però non può partecipare la componente laica. “Coinvolgerla – dice il Comitato “Sì per la libertà, Sì per la giustizia” –  significherebbe superare l’odiosa autoreferenzialità che conduce oggi al 99% di valutazioni positive. Un ordine giudiziario efficiente deve essere aperto al confronto con coloro che vivono quotidianamente nelle aule dei tribunali. Il sistema correntizio sta logorando la magistratura, facendo prevalere collusione e trame di potere a merito e capacità. Insomma, le correnti hanno dato vita a una nuova e potentissima “casta”. Votando SÌ all’abrogazione dell’obbligo di raccolta firme per la candidatura a membri del CSM, ciascun magistrato in servizio potrebbe finalmente concorrere ad armi pari. Le qualità professionali e personali del candidato tornerebbero a essere il reale oggetto di giudizio degli elettori”.

La separazione delle carriere

Il terzo quesito verte sulla separazione delle funzioni tra magistratura giudicante e requirente. Si tratta di una condizione imprescindibile per la tutela del diritto di difesa del cittadino, inviolabile secondo il dettato dell’art. 24 della Costituzione. “La commistione dei ruoli demolisce il principio di terzietà e imparzialità del giudice, rendendo il contraddittorio una regola meramente formale. Votare SÌ vorrebbe dire attribuire alla giurisdizione la centralità che merita”.

La libertà di voto

Il SÌ al quarto quesito referendario è per esprimere la libertà del voto dei cittadini. Secondo il Comitato “Sì per la libertà, Sì per la giustizia”, la legge Severino, prevedendo l’automaticità di sospensione, incandidabilità e ineleggibilità di politici condannati, avrebbe limitato la libera scelta dell’elettore. “Il combinato disposto con l’abuso d’ufficio ha paralizzato la pubblica amministrazione, danneggiando ancora una volta il cittadino, e la sospensione anche in caso di condanna non definitiva, spesso ribaltata in appello, lede la presunzione d’innocenza. Peraltro, nella sua genesi l’applicazione retroattiva di effetti così pregiudizievoli per il destinatario è stata il frutto di una legge ad personam, piuttosto che di una prudente decisione. Siano i giudici a valutare se sia opportuna l’interdizione dai pubblici uffici”.

L’abrogazione di una delle tre esigenze cautelari

L’ultimo quesito domanda al cittadino se sia favorevole all’abrogazione di una delle tre esigenze cautelari: il pericolo di reiterazione del reato. Da anni assistiamo a un abuso indiscriminato della custodia cautelare, che da eccezione è divenuta regola. È giunto il momento d’invertire la rotta. Il pericolo di reiterazione del reato, che dovrebbe essere eccezione dell’eccezione, collide con la presunzione d’innocenza, perché applica all’indagato la sanzione tipica della pena definitiva.