Conti regionali in ordine e nessun effetto dalla decisione della ‘Cassazione’ della Corte dei Conti sul rendiconto generale 2019. E’ il principio che la Regione siciliana intende affermare e per questo ricorre alla Corte Costituzionale contro le sentenze della Corte dei Conti
Nominati gli avvocati della Regione per il ricorso
Il governo Musumeci ha incaricato un professionista esterno, l’avvocato Aristide Police, per affiancare il collegio di difesa nel conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale contro la decisione delle Sezioni riunite della Cote dei Conti in sede giurisdizionale che aveva accolto la tesi della Procura generale d’appello contro il provvedimento delle Sezioni riunite in sede di controllo che aveva parificato il rendiconto generale per il 2019 della Regione siciliana. Police, avvocato cassazionista, è professore ordinario di diritto amministrativo nel Dipartimento di giurisprudenza della Luiss.
Il motivo del contendere
Lo stop alla parifica del Bilancio 2019 della Regione siciliana espressa in sede di Sezione Speciale (la Cassazione della giustizia amministrativa) a Roma dalla Corte dei Conti in riforma della sentenza con la quale le Sezioni Riunite per la Sicilia avevano parificato, con prescrizioni, il rendiconto generale del 2019 non può avere effetti sullo stesso bilancio regionale perchè nel frattempo è intervenuta una legge regionale che modifica il bilancio stesso.
La decisione della Corte in Sezione Speciale disponeva nuove correzioni ricalcolando il “fondo crediti di dubbia esigibilità” e valutandolo più consistente di quanto accertato a Palermo e sospende il giudizio su altro aspetto sollevando, con altra ordinanza, questione di legittimità avanti alla Corte Costituzionale su altro aspetto della norma.
Nuovo buco di bilancio
Il dispositivo della decisione assunta in Camera di Consiglio il 7 ottobre 2021 dalla Corte composta dai magistrati Mario Pischedda, Luca Fazio, Tiziano Tessaro, Maria Cristina Razzano e dai consiglieri relatori Francesco Sucameli e Andre Luberti aumentava la consistenza del “fondo crediti di dubbia esigibilità” da 34 milioni e 992 mila euro a 43 milioni e 503 mila euro creando nei conti un ulteriore buco da coprire pari a poco più di 8 milioni e mezzo. Di fatto si tratta di somme che la Regione aveva inserito come “da incassare” che invece vengono considerate crediti non più incassabili e dunque da cancellare dal bilancio. Una correzione che si dovrà aggiungere a quelle effettuate con la legge regionale approvata la scorsa settimana. Di fatto il bilancio 2019 continua a restare aperto a oltre due anni di distanza a ad incidere sui bilanci successivi a cascata. Queste correzioni, infatti, comportano rettifiche nel bilancio 2020 e in quello del 2021.
Giudizio sospeso per incostituzionalità della norma di spesa sul Fondo sanitario
Ma la vera bomba sui conti, secondo gli analisti, si sarebbe abbattuta per effetto di una separata ordinanza con la quale la Corte dei Conti sezioni riunite in sede giurisdizionale e in speciale composizione sollevava davanti alla Corte Costituzionale la questione di legittimità dell’articolo 6 della legge regionale numero 3 del 17 marzo 2016.
Di fatto si tratta delle disposizioni programmatiche e correttive del 2016 approvate durante il governo Crocetta. In quella norma l’articolo sei spostava a carico del Fondo sanitario il pagamento delle quote residue di un prestito sottoscritto per effetto di un accordo con il Ministero dell’Economia che serviva a ripianare il disavanzo della Regione in materia sanitaria, il così detto piano di rientro. Dal bilancio 2016 in poi le rate di quel prestito sono state pagate con i soldi del Fondo per la sanità.
La questione di legittimità costituzionale, in poche parole riguarda la destinazione di quel fondo che dovrebbe essere vincolato all’erogazione dei LEA ovvero i livelli essenziali di assistenza: in una parola le prestazioni ai pazienti e non a pagare i debiti. Peraltro il Fondo sanitario è per circa la metà coperto dallo Stato e per l’altra metà, o quasi, dalla regione. In questo modo la Regione faceva pagare metà del suo debito allo stato sottraendo i soldi al servizio sanitario regionale
Rischio che saltino i conti
Se quella norma dovesse essere dichiarata incostituzionale dagli ermellini si profilerebbe, dunque, il rischio che tutte le imputazioni di spesa fatte su quel fondo per pagare le rate del prestito (circa 277 milioni l’anno) dal 2016 fino ad oggi siano irregolari con un effetto domino su tutti i cinque bilanci regionali coinvolti da allora fino ad oggi.
La Regione contesta anche il rischio
Appaiono sereni, invece, dall’assessorato regionale all’Economia. Gli uffici hanno già pronte le contromisure e intanto contestano gli effetti sui bilancio paventati dai detrattori ma adesso resistono in Corte Costituzionale.
Pochi rischi anche in caso di dichiarazione di incostituzionalità
Se anche la norma fosse dichiarata incostituzionale, però, rilevano dalla regione questo difficilmente potrà incidere su bilanci ormai consolidati. In casi come questi le decisioni della Suprema Corte tendono a sanare quello che è avvenuto in vigenza di norma. E se anche così non avvenisse si potrebbe intervenire con una legge successiva per sanare la situazione che sia essa una norma regionale o nazionale.
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