Troppi ritardi per i lavori di realizzazione del palazzetto dello sport, con annessa piscina, nel territorio di San Giuseppe Jato, nella città metropolitana di Palermo. Un  investimento da quasi sette milioni di euro stanziati nel 2004 che risulta “in una sostanziale situazione di stallo”. Lo denuncia Anac che ha riscontrato “pesanti criticità” e ha registrato il cambio per ben tre volte dell’impresa esecutrice.

Le ditte in sofferenza

L’istruttoria, spiega l’Autorità, ha rilevato “che le sofferte vicende societarie delle tre ditte che si sono succedute nell’esecuzione hanno condizionato negativamente l’iter tecnico amministrativo dei lavori, specialmente riguardo alla dilazione dei tempi, al punto che l’intervento, a distanza di ben undici anni dall’aggiudicazione, è ben lungi dalla sua conclusione”.

Ci sono anche responsabilità del Comune

Anac rimarca le responsabilità del Comune di San Giuseppe Jato, “che hanno condizionato negativamente lo svolgimento dei lavori”, con una progettazione non adeguatamente approfondita. Inoltre, Anac ha registrato “un anomalo e del tutto immotivato massiccio ricorso ad affidamenti diretti (in prevalenza) o con procedura negoziata di incarichi tecnici a professionisti esterni all’amministrazione”. Per tutto questo l’Autorità ha duramente redarguito il comportamento del Comune e ha richiamato con forza il rispetto della legge per concludere un’opera attesa da anni e ancora ferma.

Ombre sul palazzetto dello sport e sui buoni spesa

Da evidenziare che il recente scioglimento per mafia del Comune ha annoverato tra le sue motivazioni anche il palazzetto dello sport. “Sul palazzetto – ha scritto il prefetto nella sua richiesta di scioglimento dell’ente – è emerso uno sviamento dell’azione amministrativa del perseguimento dei pubblici interessi a beneficio di quelli della criminalità organizzata”. Lavori che avrebbero dovuto concludersi nel 2007 e che, sempre sulla base dell’ispezione, sarebbero stati costellati da ripetute interruzioni e numerose irregolarità. Per quanto concerne i buoni spesa, elargiti con fondi regionali e nazionali alle famiglie in difficoltà economica a causa del covid, addirittura gli ispettori avrebbero rilevato come un terzo delle domande accolte “risulta irregolare per la mancanza di verifica dei requisiti richiesti per poter beneficiare degli aiuti”. Fondi che quindi sono finiti a chi non ne aveva diritto e tra loro anche “a soggetti aventi legami con la criminalità organizzata”.

 

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