Questa mattina, a Palazzo Reale, è stata presentata alla stampa la mostra “ROSALIA eris in peste patrona”. Promossa dalla Fondazione Federico II, in sinergia con l’Assemblea Regionale Siciliana e con la fattiva collaborazione del Dipartimento Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, la Soprintendenza per i Beni Culturali e l’Arcidiocesi di Palermo, racconta attraverso 41 opere (quarantuno) più disegni preparatori e materiali a stampa e d’archivio il culto devozionale a Rosalia Sinibaldi, divenuta Santa per avere liberato Palermo dalla peste.
Ad aprire la conferenza stampa è stato il Presidente dell’Ars e della Fondazione Federico II, Gianfranco Miccichè: “Oggi la Patrona di Palermo torna a Palazzo Reale dove ha vissuto e da cui è fuggita. Santa Rosalia ci ha salvato dalla peste nel 1624. Oggi le chiediamo di liberarci dalle pesti moderne: dall’intolleranza verso i migranti, dall’odio, dal razzismo e dalla cattiveria verso gli altri. La ricorrenza di Santa Rosalia stasera sarà festeggiata con uno spettacolo di Salvo Piparo e Costanza Licata e con l’apertura del portone monumentale chiuso dal 1840, da cui entreranno i turisti che troveranno un nuovo e inedito percorso del Palazzo Reale che li porterà direttamente nella Sala Duca di Montalto dove è esposta la mostra – aggiunge Miccichè, illustrando alla stampa il nuovo percorso -. L’apertura dell’ingresso monumentale di Palazzo Reale è un progetto che avevo iniziato dieci anni fa, quando venni eletto presidente dell’Ars per la prima volta: progetto che aveva subito uno stop ma che, grazie alla collaborazione degli uffici dell’amministrazione, guidati dal segretario generale, Fabrizio Scimè e di tutti coloro che hanno collaborato, ci consentono oggi di raggiungere questo straordinario risultato”.
L’esposizione ripercorre uno dei momenti più critici della storia di Palermo: il lasso di tempo di cinquant’anni che vede la città colpita da due terribili pestilenze, nel 1575-76 e nel 1624; la popolazione inerme e decimata cerca conforto e protezione nei tradizionali Patroni, le Sante cinque Vergini Palermitane, i Santi Rocco e Sebastiano cui subito si aggiunge in quegli stessi anni anche San Carlo Borromeo, grazie al culto introdotto in città dalla ricca “Nazione” mercantile dei Lombardi. Ma nel 1624, allo scoppio di una pestilenza ancor più devastante, il ritrovamento dei sacri resti sul Monte Pellegrino di Rosalia, romita palermitana vissuta nel Medioevo, e la contemporanea immediata cessazione del morbo, fanno sì che a lei vengano riconosciuti speciali poteri taumaturgici, da farla acclamare unica patrona contro il terribile morbo.
Il Direttore Generale della Fondazione Federico II, Patrizia Monterosso ha, invece, sottolineato come sia cambiato il modo di promuovere e organizzare mostre da parte della Fondazione e dell’Assemblea Regionale Siciliana: “Abbiamo invertito la rotta. Il nostro è un metodo di lavoro più difficile, complesso ma di profonda trasformazione e risultati straordinari. Tanta fatica e altrettanta energia impegnata nella ricerca e nello studio ci hanno regalato una sorpresa: scoprire quanto la grandiosità delle opere attorno alla Santa e alla sua devozione non sia un fatto esclusivo della storia e delle tradizioni siciliane. Questa mostra ne sottolinea, dopo attente e dettagliate ricerche,infatti, quell’elemento che la vede travalicare i confini dell’Isola. Un miracolo, quello dalla liberazione dalla peste, compiuto nel capoluogo siciliano che fece il giro del mondo: colpiti dalla peste nel Seicento, alla Santa si affidarono cittadini di San Paolo del Brasile, di Caracas in Venezuela, di Monterey in California. Una popolarità che non ha mai avuto confini con un merito, più di altri artisti, che spetta ad Anton Van Dyck; contribuendo in questo modo a diffondere il culto di una Santa internazionale. Quello per Santa Rosalia è un culto così radicato nel territorio che finisce con il conquistare una tale forza comunicativa capace, nei secoli, di delineare un tratto fortemente diffusivo. La Patrona di Palermo racchiude in se un alto valore simbolico, significativo e fondante di una certa religiosità che, andando oltre tradizione, valorizza la dimensione ascetica pur mantenendo, nello stesso tempo, un ruolo concreto nei confronti della cittadinanza. Riappropriarsi della figura di Santa Rosalia rappresenta un’urgenza per stimolare la ricerca e la Fondazione Federico II se ne è intestata la paternità, anche delle radici storiche e culturali di Palazzo Reale”.
La devozione a Santa Rosalia non è, fatto esclusivo, della storia e delle tradizioni siciliane. La Fondazione Federico II con questa mostra ne sottolinea, dopo attente e dettagliate ricerche, quell’elemento che la vede travalicare i confini dell’Isola. È nel rapporto con la “Nazione” dei lombardi che se ne trova una delle massime espressioni.
L’Alta Lombardia, tra il XV e il XIX secolo, fu caratterizzata da un processo emigratorio verso la città di Palermo. Un flusso che si sviluppò, principalmente, nel Seicento. Ciò che ne venne fuori fu una collaborazione volta alla raccolta di offerte in danaro destinate all’acquisto di beni materiali da inviare alle comunità ecclesiali di origine. Fra i doni, si annoverano varie suppellettili sacre in argento, ancor oggi conservate nelle chiese lombarde. Riappropriarsi della figura di Santa Rosalia rappresenta un’urgenza per stimolare la ricerca, la Fondazione Federico II se ne è intestata la paternità, anche delle radici storiche e culturali di Palazzo Reale. La donna nobile prima di essere riconosciuta Santa Patrona della città di Palermo dalla Chiesa Cattolica, viveva a Palazzo dei Normanni.
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