All’assassino “voglio ancora rivolgermi per sollecitarlo a compiere un gesto magnanimo in questo Natale prossimo: che la notte del 24 dicembre affidi ad un padre spirituale la verità affinché lo stesso possa narrarmela anche omettendo il nome del confidente. Prima o poi siamo destinati tutti a passar a miglior vita e credo che, a prescindere dalla fede professata, sia preferibile liberarsi di tutte quelle zavorre che appesantiscono la nostra anima. Non cerco vendetta, piuttosto vorrei elargire perdono”.

Lo dice in una lettera aperta Rossella Accardo ex moglie dell’imprenditore Antonio Maiorana, 47 anni, e madre di Stefano, di 22, scomparsi a Palermo il 3 agosto 2007. La donna, un anno e mezzo dopo la scomparsa dei congiunti, ha perso anche l’altro figlio Marco morto suicida.

“Ero ragazzina – scrive – quando leggendo “Senza Famiglia” di Hector Malot piangevo e mi disperavo prendendo atto delle innumerevoli disavventure che la vita aveva riservato al piccolo Remi. Mi chiedevo cosa avrei fatto se fosse accaduto a me o se di li a poco avessi perso i miei genitori: solo il pensiero faceva sgorgare copiose lacrime dal mio viso fanciullo. Tutto avrei potuto immaginare tranne che la vita mi riservava un destino alla stregua e che anch’io nel tempo mi sarei ritrovata senza famiglia”.

“Aver perso i miei figli – continua – mi ha fatto sprofondare nel vuoto assoluto, lo stesso si è ulteriormente esasperato quando ho perso anche i miei genitori. Essere rimasta sola al mondo ha prodotto in me l’azzeramento del tempo che trascorre e che l’umanità ha voluto scandire calendarizzando feste e ricorrenze. Natali, capodanni, feste comandate in senso lato hanno perso per me ogni valore … non più allestimenti di alberi di Natale piuttosto che addobbi festosi nonché regali da scambiarsi e progetti per il futuro”.

“Il mio pensiero – prosegue – comunque corre sempre verso colui che il fatidico 3 agosto 2007 ha immaginato di condannarmi all’ergastolo del dolore in quanto tutto ciò che e’ accaduto dopo rimane conseguenziale. Colui che, con buona probabilita’, ha continuato a svolgere la propria esistenza nella normalità di chi torna a casa e trova l’abbraccio dei propri figli, gli stessi con cui la notte di Natale aprirà quei piccoli regali che enfatizzano la festività nell’inneggiare al bene, all’amore, alla pace. Mi rivolgo giusto a costui per chiedergli con quale animo riesca a mantenere i nervi saldi, a far finta di niente, ad aver lasciato nel passato quel gesto che alla sottoscritta ha totalmente rivoluzionato la vita trasformandola in immoto dolore quell’attimo eterno che non trova, ne troverà, mai pace in me. Perché non mi e’ ancora dato di sapere cosa sia realmente accaduto in quel giorno”.

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