Si pente Emanuele Cecala e ora trema la cosa nostra della provincia di Palermo. Cecala, 42 anni, originario di Caccamo, sta scontando una condanna a 30 anni per omicidio e ha deciso di collaborare con la giustizia. Le sue dichiarazioni potrebbero riaprire casi rimasti fino ad oggi irrisolti nel cosiddetto “triangolo della morte” della campagne dell’entroterra palermitano.

Cecala ha un percorso criminale di tutto rispetto nonostante i suoi 42 anni. Su di lui pesa una condanna a 30 anni per l’omicidio di Antonio Canu avvenuto nel 2006. tra Sciara e Caccamo. L’uomo, come riporta il Giornale di Sicilia avrebbe già iniziato a parlare con i magistrati e i carabinieri del nucleo investigativo stanno già vagliando alcune sue dichiarazioni. Il collaboratore di giustizia avrebbe anche reso alcune dichiarazioni in merito all’inchiesta “Octopus” che ha svelato gli interessi dei boss nei servizi di vigilanza e sicurezza e, in particolare, nella gestione di buttafuori abusivi.

Il neopentito Cecala era stato arrestato nell’operazione “Camaleonte” del 24 giugno del 2007. Poi nell’ambito del blitz del 2008 con il quale sarebbe stato sventato l’omicidio del capomafia di Bagheria, Pietro Lo Iacono. Poi è stato fermato per l’omicidio Canu dopo essere stato tirato in ballo da Sergio Flamia, arrestato a maggio del 2013 nell’operazione “Argo”. Cecala era stato poi coinvolto nell’operazione “Reset”, contro il mandamento di Bagheria, col quale vennero alla luce oltre quaranta episodi estorsivi, e in cui per lui l’accusa era legata proprio all’omicidio di Antonio Canu.

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