Agire in fretta per contrastare la crisi idrica che attanaglia la Sicilia, i soldi non mancano e il Piano d’emergenza approvato da Roma poco più di una settimana fa va attuato senza scuse. È il messaggio che il capo della Protezione civile regionale, Salvo Cocina, ha rilanciato ai soggetti attuatori del cronoprogramma in questione che si sono riuniti in un vertice convocato insieme ai prefetti delle province più colpite dallo stato di siccità severa: Agrigento, Enna, Caltanissetta, Trapani e Palermo.
20 milioni da utilizzare
Come scrive Andrea D’Orazio sul Giornale di Sicilia, Cocina ha esortato a mettere in campo i 20 milioni di euro in arrivo da Roma come prima tranche di aiuti, per trivellare o riattivare nuovi e vecchi pozzi ed evitare che paesi e città restino a secco durante l’estate. A farlo dovranno essere i singoli municipi chiamati in causa, i Consorzi di bonifica, gli enti delegati alla gestione del servizio idrico e soprattutto le Ati, le Assemblee territoriali idriche formate dai Comuni, responsabili dell’approvvigionamento e della diffusione dell’acqua potabile, che hanno in mano la fetta più grossa del Piano d’emergenza, ma che a tutt’oggi, per buona parte delle opere, non hanno ancora i progetti pronti, pur contando su tutte le deroghe consentite dalla crisi e sulle risorse necessarie per avviare i cantieri.
La piaga siccità
La siccità italiana ha raggiunto “livelli preoccupanti” tanto che è stata registrata nel 2022 una perdita del 51,5% delle risorse idriche rinnovabili rispetto alla media storica dal 1950. A fotografare la situazione è la Community Valore acqua per l’Italia di The European House – Ambrosetti. E nel 2023 temperature in crescita ed effetti dell’azione dell’uomo hanno generato nuova pressione sulla risorsa idrica. Sono già dodici le Regioni ad alto stress idrico – con il Sud ai primi posti – e destinate ad aumentare. Basilicata, Calabria, Sicilia, Puglia sono le più esposte in assoluto, seguite nell’ordine da Campania, Lazio, Marche e Umbria, Toscana, Molise, Sardegna e Abruzzo.
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