• Ecco i nuovi criteri che saranno adottati dal 15 gennaio (quasi certamente)
  • Sicilia resterebbe arancione con i dati attuali
  • I numeri per passare i zona rossa
  • I nuovi criteri contestati dalla matematica

Passaggio automatico in zona rossa per le regioni che denuncino 250 nuovi casi a settimana ogni 100mila abitanti. E’ il nuovo criterio che si pensa di inserire nel dpcm che entrerà in vigore dal 15 gennaio. Un criterio rilevante che fa il paio con l’abbassamento delle soglie. In zona rossa si finirebbe immediatamente con un indice Rt di 1,25 mentre in ona arancione con un rt di 1. Sotto uno si starebbe in zona gialla e sotto 0.5 in zona bianca ovvero tutto aperto.

La Sicilia attualmente è in zona arancione per espressa richiesta della Regione. Guardando ai numeri, almeno gli ultimi report noti, la Sicilia ha un Rt di 0.99 che la collocherebbe in zona gialla ma a ridosso dell’arancione. Applicando il nuovo criterio del numero di casi per 100mila abitanti su base settimanale l’isola conta 11.508 casi ovvero 230 ogni 100mila abitanti considerando la popolazione in 5 milioni (4 milioni  e 968mila secondo l’ultimo rilevamernto datato gennaio 2020 dunque un anno fa). Anche questo parametro non la collocherebbe attualmente in zona rossa, forse arancione come è stato scelto.

Per la collocazione in zona rossa auspicata da tanti catastrofisti sarebbero necessari, anche con questo parametro, 12.500 casi nell’arco della pèrossima settimana. Numero che, però, potrebbe essere raggiunto stando all’andamento dell’epidemia e all’atteso picco proprio di questa settimana quando si vedranno gli effetti dei cenoni ‘clandestini’ di San Silvestro visto che i comportamenti di Natale e Santo Stefano sono giò venuti a galla fra il 9 e l’11 gennaio quindi ieri in base al periodo di incubazione

Ma anche questo criterio viene messo in dubbio circa la sua validità. Serve una soglia minima per il numero di test da eseguire ogni settimana ogni 100.000 abitanti per rendere efficace la soglia delle zone rosse. Lo rileva il matematico Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo ‘Mauro Picone’ del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Iac), a proposito della decisione, attesa dal governo, se adottare o meno la proposta dell’Istituto Superiore di Sanità di istituire una zona rossa qualora l’incidenza settimanale dei positivi superi la soglia di 250 casi per 100.000 abitanti.

“L’obiettivo – rileva Sebastiani – è muoversi nella direzione della ripresa del controllo del tracciamento dei casi positivi allo scopo di limitare la diffusione dell’epidemia, ma poiché il tracciamento in Italia avviene in modo ‘manuale’, dato il numero di operatori impiegati, la soglia è molto più bassa, cioè 50 nuovi casi a settimana per centomila abitanti”. Di conseguenza, “sulla base dei dati di questa settimana, per nessuna regione-provincia autonoma si ha il controllo del tracciamento, mentre Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Veneto e entrambe le province del Trentino hanno incidenza maggiore o uguale alla soglia di zona rossa”. Per Sebastiani “tutte queste regioni-province autonome formano una zona connessa. Questo fatto è importante in relazione all’utilità di limitare per quanto possibile i flussi di persone tra regioni”.

Secondo l’esperto “non è chiaro come questo criterio si coniughi con la procedura di assegnazione dei colori in base ai valori degli indicatori del monitoraggio settimanale” e, “poiché il valore medio dell’incidenza decresce se si riduce il numero di test diagnostici eseguiti, penso che sia necessario introdurre una soglia minima per il numero di test effettuati a settimana per centomila abitanti”.

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