Prosegue la dodicesima edizione del “Sole Luna Doc Film Festival”, il festival internazionale di documentari, nel complesso monumentale di Santa Maria dello Spasimo, a Palermo, che quest’anno vede in gara 31 opere in concorso da tutto il mondo.
Ideato da Lucia Gotti Venturato, presidente dell’associazione culturale Sole Luna – Un ponte tra le culture, con la direzione scientifica di Gabriella D’Agostino e la direzione artistica di Chiara Andrich e Andrea Mura, il festival si svolge in collaborazione con il Comune di Palermo, la Regione siciliana, l’Università degli Studi e numerosi partner pubblici e privati.
Mercoledì 5 luglio, il programma comincia alle 21, con il ciclo di film fuori concorso “Art in doc”: sarà proiettato nella navata central l’opera Franco-Belga Jan Fabre. Beyond the artist, di Giulio Boato. Jan Fabre, classe 1958, vive e lavora ad Anversa. Molte opere sono state pubblicate sul suo lavoro di artista visivo, regista, coreografo, scenografo, performer, ma non era ancora stato prodotto un documentario sulla sua figura di artista polivalente. Il film è costruito attorno alle interviste a Jan Fabre, Georges Banu (critico teatrale), Vincent Baudriller (ex co-direttore del Festival d’Avignon), Jan Dekeyser (architetto del laboratorio/ teatro di Fabre) e Rudolf Rach (editore di Fabre in Francia). Le immagini di 12 spettacoli, 5 esposizioni e decine di disegni, modelli e sculture si incastonano tra le parole dei diversi intervistati, tracciando le linee di un ritratto composito di uno degli artisti più discussi degli ultimi decenni. Sarà presente il regista.
Quindi, spazio ai film in concorso con l’israeliano Who’s gonna love me now?, di Tomer Hyemann e Barak Heymann. (v.o. sott. in italiano e inglese). I due registi israeliani, e fratelli, Tomer e Barak Heymann scavano in profondità nella virilità, la religione, la famiglia e il sesso in questo ritratto di Saar Maoz, un omosessuale sieropositivo lacerato tra la sua vita “allo scoperto” come componente del coro maschile gay di Londra e il desiderio di riavvicinarsi alla sua famiglia ortodossa in Israele. Il risultato è un ritratto commovente di un uomo che cerca di mantenere l’equilibrio mentre naviga tra due mondi molto diversi.
A seguire, il film palestinese The living of pigeons, di Baha’ Abu Shanab (v.o. sott. in italiano). Uno sguardo inquietante delle surreali ore del mattino e l’esperienza quotidiana delle “ore di punta” al Checkpoint 300, che separa Betlemme da Gerusalemme in Cisgiordania.
Le proiezioni della navata centrale si chiudono con lo svizzero Sans le Kosovo, di Dea Gjinovci. Nel 1968 Asllan Gjinovci è uno studente di fisica nell’Università di Prishtina. Dopo il suo coinvolgimento nelle proteste degli studenti che chiedono l’autonomia del Kosovo in Jugoslavia, è costretto a fuggire dal paese. Comincia così la sua odissea che durerà tre anni: si nasconde alcuni mesi in Croazia, passa due anni e mezzo nei campi profughi in Italia per poi, alla fine, sistemarsi in Svizzera. Il suo viaggio lo tiene inesorabilmente lontano dalla famiglia e dalla patria per più di trent’anni. La regista del documentario è sua figlia, il Kosovo una parte misteriosa della sua identità, plasmatasi soprattutto attraverso i filmati dei notiziari sulla guerra del Kosovo degli anni Novanta. Ella ha così deciso di partire per un viaggio con suo padre. Sarà presente la regista del film.
Nel giardino sopra le mura, alle 21 via ai film in concorso con l’italiano Dönüş-Retour, di Valeria Mazzucchi. Jérôme Bastion è un corrispondente di Radio France Internationale (RFI) in Turchia. Ha vissuto per 20 anni a Istanbul, diventando un punto di riferimento per il pubblico della radio di lingua francese nel mondo. Una voce a favore dei diritti civili e della libertà di parola, Jérôme ha visto con i suoi occhi la Turchia di Erdoğan ritornare in uno stato di violenza e di privazione della libertà, una situazione che gli ricorda lo status quo di quando è arrivato in Turchia. Dönüş–Retour segue la vita di Jérôme nelle sue ultime settimane a Istanbul, prima di prendere la decisione dolorosa di lasciare la Turchia dopo le elezioni parlamentari nel novembre del 2015. Sarà presente la regista Valeria Mazzucchi.
A seguire, il film canadese A woman’s story, di Azra Rashid (v.o. sott. in italiano e inglese). Uno sguardo al genocidio, alla sopravvivenza e alla continuità fisica e culturale attraverso gli occhi di tre donne che hanno vissuto tre diversi genocidi del XX secolo. Girato in Canada, Polonia, Bangladesh e Ruanda, A woman’s story presenta tre donne forti che sono accomunate da un destino di sopravvivenza. Ognuna viene a conoscenza della storia dell’altra e per questo diventano più determinate a continuare il loro fondamentale compito. Ponendo le donne al centro della narrazione e andando oltre la loro condizione di vittime, questo film mette in evidenza la loro resilienza e la capacità di sopravvivere.
Quindi sarà proiettato Nowhere line: voices from Manus Island, film australiano-inglese di Lukas Schrank (v.o. sott. in italiano e inglese). Due uomini richiedenti asilo detenuti nel centro di trattamento dell’isola di Manus, in Australia,raccontano i viaggi pericolosi che li hanno portati sull’isola e i loro ricordi della rivolta scoppiata nel 2014.
La serata si chiude con il belga Intégration Inch’Allah, di Pablo Muñoz Gomez (v.o. sott. in italiano e inglese). Sono appena arrivati a Bruxelles. Nuovi immigrati provenienti dalla Siria, Iraq, Marocco che dovranno seguire un corso di integrazione obbligatoria nelle Fiandre, chiamato «Inburgering». Per ottenere il certificato, dovranno imparare gli usi e i costumi delle Fiandre e del Belgio. Con umorismo e tenerezza, il film segue questi personaggi durante il loro percorso.
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