A Giarre l’acqua veniva sprecata, a Lipari veniva sottoutilizzato il depuratore e si faceva un ricorso eccessivo alle navi cisterna con un costo molto più elevato. Sono i due casi più significativi di cattiva gestione delle risorse idriche su cui è intervenuta la Procura generale della Corte dei conti per la Regione siciliana che ha citato in giudizio del sindaco di Lipari, Marco Giorgianni, e alcuni funzionari. Le due vicende sono segnalate nella relazione per l’anno giudiziario del procuratore Gianluca Albo da poco nominato procuratore regionale a Trento.

Il caso dell’isola di Lipari

A Lipari il sistema idrico dell’isola è alimentato da un dissalatore e dai rifornimenti con navi cisterna. L’acqua prodotta dal dissalatore costa circa 2 euro al metro cubo. Se ne fa carico per il 40 per cento il Comune e per il 60 la Regione. L’acqua rifornita dalle navi cisterna costa invece 14 euro al metro cubo pagati dal ministero della difesa. La Guardia di finanza ha accertato che il Comune non ha mai impegnato somme sufficienti per acquistare l’acqua prodotta dal dissalatore. Secondo la Procura della Corte dei conti, sarebbe stato così provocato al ministero della difesa un danno di due milioni e 698.309 euro. E ha chiamato a risponderne il sindaco, l’assessore con delega ai servizi idrici e il dirigente del servizio tecnico nonché dirigenti della Regione competenti per il rifornimento idrico delle isole minori della Sicilia.

A Giarre dirigenti sotto accusa

A Giarre, nel Catanese, la Procura della Corte dei conti ha citato in giudizio i dirigenti del servizio idrico del Comune, Venerando Russo e Giuseppa Rita Leonardi per un danno complessivo di 6 milioni e 305.353 euro. Solo il 20 per cento dell’acqua immessa nella rete idrica veniva realmente utilizzato mentre l’80 per cento veniva sprecato. Finiva cioè nelle fogne della città. Per giustificare il ricorso ai fornitori privati veniva dichiarata una “insufficienza delle fonti idriche di proprietà comunale”.