A reagire a questa assurda violenza devono essere gli stessi giovani, Solo i giovani possono dare un segnale ai giovani, così si deve spezzare la catena di violenza, questa escalation assurda. E’ la sostanza, anche se non le esatte parole, di un appello che il vice sindaco e assessore comunale alla Cultura Giampiero Cannella ha lanciato a margine di un evento di Fratelli d’Italia in un grande albergo palermitano.

Non esiste una gioventù violenta per definizione

“A Palermo e in Sicilia vivono tante persone per bene, anche tra i ragazzi. Non esiste una gioventù violenta di per sé. Sarebbe bello che questo dolore e questa sensazione di sgomento, che ha scosso tutti, fosse anche interpretato con un gesto simbolico, una fiaccolata, una manifestazione, ad esempio, anche da parte dei giovani palermitani delle congregazioni. Visto che i ragazzi facevano parte delle congregazioni del santissimo crocifisso” ha detto senza pensarci neanche troppo il vicesindaco di Palermo, Giampiero Cannella, proprio parlando della sparatoria costata la vita a tre giovani ragazzi a Monreale, a margine dell’evento organizzato da Fratelli d’Italia all’Hotel Astoria di Palermo.

L’appello quasi istintivo dell’assessore

“Le congregazioni a Palermo sono radicate nei quartieri più storici e più sensibili della città – prosegue – se questi ragazzi, che vivono in questi contesti, volessero mandare un messaggio forte dicendo no a questi modelli e atteggiamenti di violenza, secondo me sarebbe un bel modo per ricordare le tre vittime ma anche un’occasione per lanciare un messaggio ai loro coetanei”.

Il primo intervento a caldo

Cannella era stato il primo esponente della giunta Lagalla ad intervenire “a caldo” nelle ore immediatamente seguenti a quella drammatica sparatoria. lo aveva fatto con un lungo post sui social: “Ho riflettuto molto prima di scrivere questo post. Quello che è accaduto a Monreale non ha precedenti. Occorre prendere coscienza del fatto che i paradigmi con i quali abbiamo affrontato il disagio giovanile, la complessità di alcune zone cittadine e il rapporto con le nuove generazioni non sono più attuali e utili a trovare soluzioni efficaci”.

Troppa “glorizzazione” del criminale

“Non venitemi a parlare, vi prego, di necessità di comprendere, di includere, di gestire il disagio. Oggi questi criminali vanno trattati come tali senza giustificazionismi sociologici e sociali di sorta. Esseri abietti, menti senza un minimo di ragionevolezza e capacità di discernimento si nutrono del pattume dei prodotti televisivi e musicali che si ispirano alla criminalità organizzata. Gomorra, Suburra, cantanti partenopei che esaltano l’uso delle armi, la sfida alla polizia, l’uso della droga, costituiscono il lievito che in soggetti privi di qualsivoglia qualità intellettiva fanno esplodere la violenza belluina. Il boss, il violento, il guappo che usa la forza diventano l’equivalente di Robin Hood per la mia generazione”.

Proporre modelli diversi

“Occorre un grande lavoro culturale per proporre modelli diversi, edificanti e costruttivi, non si tratta di “censurare” questo video-pattume, ma di renderlo irrilevante e marginale attraverso un’offerta culturale diversa. Ma tutto questo, da solo, non basta. Occorre archiviare il giustificazionismo e imporre, sottolineo “imporre” la forza dello Stato. Non possono essere più tollerate zone franche dove droga e armi possono essere acquistate impunemente persino dall’ultimo tra i coglioni. Le forze dell’Ordine fanno del loro meglio con grande professionalità e a costo di grandi sacrifici. Ma occorre una reazione di sistema. Ai quartieri più complessi si applichi il “modello Caivano”, a chi viene coinvolto in una rissa o un episodio di violenza nei pressi di un locale si applichi il massimo della sanzione prevista dalle norme, senza sconti ne attenuanti. Oggi piangiamo tre ragazzi uccisi senza un perché mentre stavano trascorrendo una tranquilla serata con amici. Potrebbe toccare a chiunque, ai nostri figli o a noi stessi. Ora basta!”

L’appello alla stampa

“Infine, da giornalista, una osservazione ad alcuni colleghi che ho ascoltato in Tv. Le persone fermate e interrogate dai carabinieri, presunti autori della strage, non sono “ragazzi”, vi prego non chiamateli “ragazzi dello Zen” o di qualsiasi quartiere volete. Se volete essere garantisti chiamateli “sospettati”, sennò, chiamateli “presunti criminali”, ripetete con me “cri-mi-na-li”. Anche questa è una questione culturale…”