In occasione ultimo anniversario della strage di via d’Amelio “si è parlato di 25 anni di depistaggi e silenzi, si è parlato di 25 anni persi nella ricerca della verità. Sono affermazioni profondamente ingiuste e molto pericolose, particolarmente utili a chi teme che l’accertamento della verità possa andare avanti”. Lo ha detto il sostituto procuratore antimafia Nino Di Matteo, davanti alla Commissione Antimafia.
“Sono convinto di poter fornire un contributo di chiarezza rispetto a tante bugie che vengono diffuse e rilanciate con grande clamore mediatico, sia in riferimento ai processi sulla strage di via d’Amelio tra il ’92 e il ’99, che alla mia attività in quel pool e a tentativi di coinvolgermi in vicende che non ho vissuto”.
“Si finge di dimenticare – ha proseguito Di Matteo – che tra il cosiddetto via d’Amelio bis e il cosiddetto via d’Amelio ter ben 26 imputati sono stati condannati definitivamente in concorso in strage. Questo non è un risultato poco importante, sono condanne mai messe in discussione fino alla Cassazione: non sono stati 25 anni persi nella ricerca della verità”.
“Nell’ultimo periodo anche grazie alle indagini sono emersi elementi di prova che indicano che la strage di via d’Amelio non fu una strage solo di mafia: e tuttavia il dibattito e l’attenzione pubblica, invece di concentrarsi su questo, si orientano a screditare il mio lavoro e la mia professionalità – ha aggiunto -. La mia richiesta di essere ascoltato è motivata da un duplice scopo: fornire un contributo alla verità e stimolare approfondimenti necessari in sede politica sul probabile coinvolgimento nella strage di soggetti esterni a Cosa Nostra. Da magistrato mi preoccupa il dato che molti vogliano concentrare il dibattito e l’interesse esclusivamente sulla figura di Scarantino”, ha aggiunto.
“Se Scarantino e’ stato il pupo che ha fatto le dichiarazioni, bisogna vedere come si e’ arrivate a queste; a occuparsi delle stragi all’epoca erano altri magistrati, il dottor Tinebra, il dottor Cardella e forse ricordo male ma al primo interrogatorio di Scarantino c’era anche la dottoressa Boccassini. Se c’è stato un depistaggio, è la mia opinione, si è cominciato a realizzare prima del settembre ’92 – ha sottolineato il sostituto procuratore -.Io dell’esistenza di questa lettera ho saputo anni dopo tra il 2011 e il 2012 – ha detto oggi Di Matteo -. Quando è stata redatta la lettera non ero nemmeno entrato a far parte del pool stragi. Io non ho mai parlato di indagini sulle stragi con la Boccassini, ne’ la Boccassini ne ha mai parlato a me, non ho mai parlato con lei di Scarantino ne’ ho partecipato a riunioni della Direzione distrettuale antimafia a cui partecipasse la Boccassini. Chiamarmi in causa e’ un fuor d’opera, certe volte temo sia volontariamente fatto sfruttando la buonafede e la comprensibile sete di verità di molte persone”.
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