Palermo, ore 13.30 via Leopardi Giacomo, poeta morto da un pezzo, e la parola pezzo non è citata a caso, perché non è mai stato qui. Se no resuscitava.
Il tempio del “fritto”
La Romanella, sita nella via in questione, non è una friggitoria, ma un tempio, di un Dio fondamentalmente palermitano. Il Dio del Fritto. Noi palermitani friggiamo di tutto dal riso al cartone pressato, se li mettiamo in pastella pure i bulloni, probabilmente.
In meno di dieci minuti sono volati 90 pezzi, tra calzoni, ravazzate, spiedini, crostini, crostoni, mattonelle, arancinecollaE, sfincionelli, pizzette, eccetera eccetera. Un tripudio di rosticceria con fondamentale tendenza fritto, se no non c’è “prio”.
Un numero incredibili di “pezzi”
Facendo un breve calcolo, e riducendo al minimo questa frequenza registrata nell’ora di punta, si può parlare di una media tra i 1.500/1.700 pezzi al giorno, con molto asporto, piccoli catering, banchetti aziendali. I miei figli per esempio ogni volta che partono si portano un vassoio da dodici pezzi per la perfida Albione o altre mete.
Un pubblico trasversale
Il costo è alla portata di tutti, 1,5 euro a pezzo, con una qualità alta, forse il miglior rapporto qualità prezzo della città. Infatti il pubblico è il più trasversale di Palermo, dall’impiegato al dirigente regionale, dall’operaio al benzinaio, dallo studente alla casalinga, al pensionato che può fare pranzo con 2,50 euro, perché c’è bisogno di aggiungere un chinotto obbligatorio per digerire. Di fatto è un melting pot antropologico/culturale, la Romanella è archetipo della città che qui trova il tempio della sua religione più praticata. Il Fritto. Cosi è se vi pare.
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