Il Tar annulla l’ordinanza del Comune di Terrasini che definiva illegittima la lottizzazione di una porzione del proprio territorio. A finire sotto accusa una ditta proprietaria di quest’area che aveva effettuato alcuni interventi. Fu emessa una pesante sanzioni e soprattutto l’ingiunzione a “ripristinare i luoghi”. A conclusione del dibattimento i giudici amministrativi hanno ritenuto al contrario l’ordinanza dell’ente locale viziata nella forma. Provvedimento annullato e lottizzazione salva, almeno sino ad adesso salvo ulteriori ricorsi al Cga.
Lavori negli anni ’90
La società, operante nel settore dell’edilizia, aveva realizzato su una vasta area a Terrasini un piano di lottizzazione. Lo aveva fatto negli anni ’90 in un’area di cui era proprietaria. All’interno di questa porzione di territorio risultava insistere un’area destinata alla realizzazione di una strada come prescritto dal piano regolatore generale. L’inghippo saltava fuori nel 2016 quando il Comune di Terrasini, a seguito di un sopralluogo in zona, procedeva a notificare alla Gecofin un’ordinanza di ingiunzione alla demolizione delle opere realizzate e il ripristino dei luoghi.
Le contestazioni
I legali della ditta, Girolamo Rubino e Massimiliano Valenza, contestarono anzitutto l’assenza del numero di protocollo di questa ordinanza. Tesi dell’ente locale quella che le opere fossero state realizzate senza le dovute autorizzazioni. In particolare furono contestate le operazioni di movimento terra con escavatore meccanico, demolizione del muro di recinzione e rinterro con materiale tufaceo non identificato. Inoltre, il municipio sempre nell’ordinanza asseriva che la realizzazione dei lavori era avvenuta proprio in quella parte di terreno sottoposta a vincolo paesaggistico. In pratica in quella porzione ricadente nel cosiddetto Sic, sito di interesse comunitario. Ecco perché si imponeva “il ripristino dei luoghi entro 90 giorni dalla notifica dell’ordinanza” con tanto di ingente sanzione edilizia.
Il ricorso
Da qui nacque il ricorso al Tar della società che impugnava l’ordinanza. I legali della ditta sostennero l’illegittimità del provvedimento e le “varie irregolarità” emerse a loro dire. In particolare il mancato avviso di avvio del procedimento o l’assenza di un’istruttoria antecedente all’ingiunzione. Nel corso del dibattimento gli avvocati Rubino e Valenza hanno dimostrato “l’erroneità del contenuto dell’atto di ingiunzione”. La loro tesi era quella che la ditta non aveva realizzato i lavori a loro contestati. “Si era limitata – sostengono i legali – a compiere in tale zona, in cui, peraltro, sorgeva solamente una strada, dei lavori di discerbamento e di collocazione della tufina. Quindi lavori privi di rilevanza urbanistica”.
Altri vizi di forma
Tra le contestazioni della ditta una serie di irregolarità anche di forma nella contestazione del provvedimento. Tra questi il fatto che l’ordinanza fosse priva dell’indicazione del titolo edilizio contestato, necessario ai fini della regolarità dell’atto. Il Tar di Palermo ha condiviso le argomentazioni dei due avvocati e rilevava come l’ordinanza fosse “affetta da evidenti e differenti vizi istruttori”. Accolto il ricorso della Gecofin e annullata l’ordinanza emessa dal Comune di Terrasini.
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