• Nell’ordinanza emerge una raccolta dati sul Covid19 confusionaria e non fraudolenta
  • L’ex assessore alla Salute Razza rimprovera la dirigente del Dasoe
  • I dubbi sulla gestione dei dati

Nelle carte della Procura di Trapani, capace di scatenare un vero terremoto giudiziario sulla sanità siciliana, emergono gli errori nella raccolta dei dati sui contagi in Sicilia ma anche i rimproveri dell’ormai ex assessore alla Salute, Ruggero Razza, alla dirigente Maria Letizia Di Liberti, a capo del Dasoe (Dipartimento regionale per le attività sanitarie ed osservatorio epidemiologico), quest’ultima arrestata insieme a Salvatore Cusimano, funzionario della Regione ed Emilio Madonia, dipendente di una società che si occupa della gestione informatica dei dati dell’assessorato.

Raccolta dei dati confusa

Nella loro ricostruzione, gli inquirenti sostengono che il sistema della raccolta dei dati sul contagio in Sicilia, che poi sarebbero dovuti finire sul tavolo del Governo nazionale per determinare in quale zona “colorata” inserire la regione, avrebbe evidenziato “importanti anomalie”. Non in chiave fraudolenta, imputabile piuttosto ad una organizzazione approssimativa.

E quali sono queste “anomalie” riscontrate dall’accusa? 

“Prima di tutto le frenetiche, a volte tardive, attività burocratiche di raccolta dei dati da parte del DASOE, attraverso contatti diretti con gli uffici periferici delle varie AA.SS.PP. siciliane, delle Aziende Ospedaliere, delle USCA, nonché dei Laboratori di analisi pubblici e privati” si legge nell’ordinanza firmata dal Gip di Trapani. Insomma, un vero ingorgo di dati che avrebbe mandato in tilt una lettura chiara della situazione sanitaria. In effetti, secondo l’accusa “tale modalità ha verosimilmente contribuito a condizionare l’irregolare gestione del flusso dei dati”.

I rimproveri di Razza alla dirigente

L’ex assessore alla Salute, Ruggero Razza, iscritto nel registro degli indagati, secondo quanto indicato nell’ordinanza, avrebbe criticato questo sistema di raccolta dei dati sul Covid19, molto approssimativo, legato ad una organizzazione poco efficace. Ed avrebbe bacchettato la dirigente regionale Maria Letizia Di Liberti.  “Razza le riferisce che il 90% della situazione creatasi è attribuibile alla loro piena responsabilità, ma la dott.ssa Di Liberti sostiene che i dati sono quelli estrapolati dalle piattaforme informatiche, al che l’Assessore le fa notare, con rammarico, che nessuno lo ha mai informato della grave criticità emersa” si legge nell’ordinanza.

“I sacchi vuoti”

“… Inutile… inutile Letizia… è inutile che facciamo stare in piedi sacchi vuoti… c’è stata una gravissima sottovalutazione e il dato finale di questa sottovalutazione di questa gravissima sottovalutazione è scritto in quegli indicatori, poi secondo me sono sbagliati perché mettono sullo stesso piano indicazioni diverse, però come avrai visto ci sono dei dati dove noi comunichiamo zero! … E chissà da quanto! ”. si legge in uno stralcio di intercettazione tra Razza e Di Liberti. Insomma, l’assessore alla Salute si sarebbe ritrovato con numeri e dati confusi, la cui gestione sarebbe poi diventata problematica.

La difesa della Di Liberti

La dirigente, per replicare alla critiche di Razza, avrebbe scaricato, secondo quanto emerge nell’ordinanza, le responsabilità altrove. “La Di Liberti cerca, tuttavia, di giustificare -si legge nel provvedimento – la situazione attribuendo le colpe ad altri, probabilmente intende riferirsi ai vertici delle ramificazioni periferiche del S.S.R. (Direttori generali, Direttori sanitari, Referenti Covid-19 delle singole ASP) – ricordando, tra l’altro, il suo impegno nel farsi carico giornalmente dell’onere di effettuare numerose telefonate (ai Referenti ASP Covid-19, ai Direttori dei Reparti di T.I. e ad altri Dirigenti Pubblici) per sopperire alle inefficienze dei citati uffici”.

La tesi dell’accusa

L’inchiesta della Procura di Trapani si regge, in modo strutturato, sulle intercettazioni, e secondo la tesi dei magistrati, da alcune conversazioni, emerge “che il rapporto percentuale derivante dai nuovi soggetti contagiati con il numero di tamponi eseguiti, viene artificiosamente modificato in modo da mantenere tale valore, tra tamponi effettuati e numero di soggetti positivi, al di sotto della soglia percentuale che nel tempo è variata dal 15% al 10 %.”

La zona rossa

Per gli inquirenti, la ragione del ritocco dei dati, è  verosimilmente rivolta ad evitare e/o ritardare il passaggio della Regione Sicilia in “zona rossa”, con le derivanti ripercussioni sia di immagine mediatica che di conseguenze economiche per gli operatori commerciali”. C’è, però, un dubbio in questa ricostruzione, formulata dalla stessa pubblica accusa.  “Seppur quest’ultimo aspetto non viene mai esplicitamente dichiarato nelle conversazioni intercettate”.

 

 

 

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