Confermata dai giudici di Cassazione l’assoluzione, per i tre ex investigatori del Ros, Mori, Subranni e De Donno. I giudici non hanno accolto la richiesta della procura generale che chiedeva un nuovo processo d’appello ed è stata anche modificata la formula d’assoluzione rispetto alla sentenza di Palermo, non più “perché il fatto non costituisce reato”, ma “per non avere commesso il fatto”. Assoluzione definitiva anche per l’ex parlamentare Dell’Utri. Demolito insomma dalla Cassazione tutto l’impianto accusatorio dell’indagine sulla presunta trattativa.
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Prescrizione per il boss Leoluca Bagarella e per Cinà
I giudici della sesta sezione della Cassazione hanno dichiarato la prescrizione per il boss di Cosa Nostra, Leoluca Bagarella, condannato dai giudici di Appello di Palermo a 27 anni e per il medico Antonino Cinà, ritenuto vicino a Totò Riina, a cui in secondo grado furono inflitti 12 anni di reclusione nell’ambito del procedimento sulla presunta trattativa stato-mafia.
I giudici hanno infatti riqualificato i reati di violenza e minaccia ad un corpo politico dello Stato nella forma del tentativo. Con la riqualificazione la fattispecie è andata in prescrizione.
La sesta sezione penale intorno alle 17:30 nell’aula Giallombardo ha letto il dispositivo della sentenza del processo sulla presunta trattativa Stato-mafia. I giudici di legittimità hanno annullato senza rinvio la sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Palermo il 23 settembre 2021.
Mori: “Sempre stato convinto della mia innocenza”
“Sono parzialmente soddisfatto considerando che per 20 anni mi hanno tenuto sotto processo. Ero convinto di non avere fatto nulla, il mio mestiere lo conosco, so che se avessi sbagliato me ne sarei accorto”, ha detto il generale ex Ros, Mario Mori commentando la decisione della Cassazione.
La requisitoria
I magistrati non hanno quindi accolto le richieste del pg che aveva sollecitato un nuovo processo di appello per i tre ex Ros e per Bagarella e Cinà. Nelle conclusioni della sua requisitoria, nell’udienza del 14 aprile scorso, il rappresentate dell’accusa aveva sollecitato “l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla minaccia nei confronti dei governi Amato e Ciampi”.
Per il pg, la sentenza di secondo grado ha descritto “la trattativa negli anni ma non fa una precisa ricostruzione della minaccia e di come sia stata rivolta al governo” e lo fa solo in modo “congetturale”. Con la decisione di oggi i giudici sostanzialmente affermano che le minacce furono soltanto dei meri tentativi da parte di alcuni esponenti di Cosa Nostra.
Il ricorso
I supremi giudici erano chiamati a decidere sul ricorso presentato dalla Procura generale del capoluogo siciliano dopo la sentenza del 23 settembre 2021 che ribaltò il verdetto assolvendo la gran parte degli imputati condannati in primo grado. In primo grado Mori e Subranni furono condannati a 12 anni mentre Giuseppe De Donno ad 8 anni.
Nelle migliaia di pagine delle motivazioni della sentenza di secondo grado i giudici siciliani, spiegando le ragioni dell’assoluzione dal reato di minaccia a Corpo politico dello Stato e parlando del ruolo svolto dai militari dell’Arma, hanno scritto che “una volta assodato che la finalità perseguita, o comunque prioritaria, non fosse quella di salvare la vita all’ex ministro Mannino o ad altre figure di politici che rischiavano di fare la fine di Lima, nulla osta a riconoscere che i carabinieri abbiano agito avendo effettivamente come obbiettivo quello di porre un argine all’escalation in atto della violenza mafiosa che rendeva più che concreto e attuale il pericolo di nuove stragi e attentati, con il conseguente corredo di danni in termini di distruzioni, sovvertimento dell’ordine e della sicurezza pubblica e soprattutto vite umane”.
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