La procura generale ha chiesto alla corte d’assise d’Appello di Palermo di produrre, nello stralcio del processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia che vede imputato l’ex ministro Calogero Mannino, i verbali di interrogatorio del neopentito Filippo Bisconti.

Il collaboratore di giustizia ha rivelato di aver saputo dal boss Rosario Lo Bue che l’ex politico era affiliato alla famiglia mafiosa di Agrigento. La procura ha messo a disposizione della corte i verbali chiedendo, qualora fossero acquisiti, la riapertura del dibattimento e l’esame del pentito.

L’accusa è sostenuta in giudizio dai pg Sergio Barbiera e Giuseppe Fici. Il processo si svolge, con il rito abbreviato, davanti al collegio presieduto da Adriana Piras. In primo grado l’ex ministro Dc era stato assolto. Filippo Bisconti, ex capomafia di Belmonte Mezzagno, è stato arrestato a dicembre nell’ambito dell’inchiesta che ha svelato Il tentativo di ricostituzione della Cupola di Cosa nostra.

Lo Bue è uno dei favoreggiatori del padrino corleonese Bernardo Provenzano.”Questa produzione – ha replicato l’avvocato di Mannino Grazia Volo – significa che Mannino, all’età 80 anni, è ancora indagato. La difesa si oppone a qualunque richiesta di apertura dibattimentale non ritenendola attinente al capo di imputazione”. La Corte si è riservata di decidere.

“Dal 1991, tra processi mediatici e giudiziari, Calogero Mannino è in servizio permanente di imputato, a combattere per dimostrare la propria innocenza. Questo processo comincia nel 2012, ci troviamo impelagati in questa vicenda per molti aspetti incomprensibile: un processo che sta in piedi, dal punto di vista del diritto, in maniera piuttosto incerta, debole e inconsistente”.

L’ha detto l’avvocato Grazia Volo, legale dell’ex ministro dc Calogero Mannino, che oggi ha tenuto l’arringa difensiva nel processo d’appello sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia in cui l’ex politico è imputato di minaccia a Corpo politico dello Stato.

Mannino ha scelto l’abbreviato, la sua posizione è stata stralciata rispetto a quella degli altri imputati. In primo grado è stato assolto. “Ci sono state soltanto vagonate di carte, materiale informe, che sono state riversate nel fascicolo in primo grado: un disordine che si è riversato anche in appello. Mi permetto di definire uno scandalo intellettuale, oltre che ovviamente processuale, il fatto che la requisitoria di primo grado sia stata utilizzata dalla Procura generale nell’atto di impugnazione per l’appello”, ha aggiunto.

Parte dell’arringa è stata tenuta dall’altro avvocato di Mannino, Carlo Federico Grosso. “Fin da subito voglio affermare la totale estraneità dell’onorevole Calogero Mannino in riferimento a quanto gli viene contestato. I sette personaggi, tra cui Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso Vito, la giornalista Sandra Amurri, l’ex presidente della Camera Luciano Violante, l’ex boss e collaboratore di giustizia Giovanni Brusca, sentiti in seguito alla riapertura del dibattimento in appello, sono stati un flop totale. Si è cercato, da parte della pg, di tirar fuori – ha sostenuto Grosso – il sangue dalle rape ma non vi è stato alcun elemento nuovo a supportare la tesi dell’accusa”, ha concluso.

Al termine dell’arringa la corte non ha sciolto la riserva sull’istanza di sentire il neo pentito Filippo Bisconti, avanzata dalla Procura generale, che ha messo a disposizione della corte i verbali di interrogatorio in cui il collaboratore di giustizia rivela di aver saputo che Mannino era formalmente affiliato alla mafia. I giudici hanno rinviato al 22 luglio per sciogliere la riserva e per l’inizio della camera di consiglio e la sentenza.

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