Una banca condannata dal tribunale di Palermo a risarcire una propria cliente della cifra di 100 mila euro dopo essere stata truffata con il sistema del “bonifico istantaneo svuota conto”. La vittima si era vista sottrarre oltre 70 mila euro dai suoi due conti dopo che gli era stata clonata la sim del proprio telefono.
La vicenda
La vicenda riguarda una donna palermitana che teneva su due conti una somma di 72 mila euro. Questi soldi, nel giro di 48 ore, venivano sottratti con otto bonifici istantanei, in favore di persone sconosciute, con destinazione banche spagnole. Consapevole della frode subita, la vittima contattava tempestivamente il servizio clienti della banca, procedendo con il blocco di entrambi i conti e denunciando l’accaduto alla polizia. La mattina dopo andava in banca per evidenziare che non aveva autorizzato quelle operazioni e, dunque, ne chiedeva l’annullamento. La banca rispondeva che non era possibile procedere, il tutto nonostante l’operazione complessiva superasse il limite di 60 mila euro di pagamento giornaliero dal conto corrente. Circostanza che avrebbe innanzitutto dovuto portare l’istituto di credito a bloccare tutte le operazioni, oltre che avvertire le clienti.
L’avvio della causa
La vittima, considerato il diniego dell’istituto di credito, decideva di rivolgersi allo studio legale “Palmigiano e Associati”, che si occupa di diritto bancario. Con l’assistenza degli avvocati Alessandro Palmigiano e Mattia Vitale, veniva quindi intentata una causa. La tesi dei legali era chiara: la colpa di eventuali operazioni fraudolente nel sistema doveva ricadere sulla banca perché è tenuta a predisporre tutte le misure necessarie per tutelare i clienti. In particolare la norma prevede che la banca è tenuta ad assicurare che le credenziali di sicurezza non siano accessibili a soggetti estranei. E ancora che, qualora il cliente neghi di aver autorizzato un’operazione, è obbligo della banca provare che il pagamento è stato autenticato correttamente. La banca non risponde del danno solo se dimostra la colpa grave del correntista nell’avere dato i codici ad altri.
La sim clone
La cliente non poteva essere accusata, non avendo mai fornito a nessuno il proprio codice di sicurezza. Peraltro, non avendo mai movimentato negligentemente i conti. La banca, a sua difesa, chiamava in giudizio una nota compagnia telefonica, della quale la vittima era cliente. Era infatti emerso durante la causa che la società di telecomunicazioni aveva rilasciato ad un soggetto terzo, che si era “spacciato” per l’intestatario una sim clone con il medesimo numero di telefono. Essendo entrati in possesso della scheda, era stato possibile scaricare l’app della banca e trovare una finestra aperta sui conti della vittima.
La sentenza
Il giudice del tribunale di Palermo, Andrea Illuminati, ha accolto la tesi di “Palmigiano e Associati” e disposto un rimborso totale, oltre al pagamento degli interessi e delle spese legali, per un totale di oltre 100 mila euro. “La crescita dei casi di truffe bancarie attraverso bonifici prelievi, messaggi, attraverso telefonate o email che sembrano arrivare dalle proprie banche dimostra come, in molti casi, i sistemi di sicurezza degli istituti di credito non siano sicuri – ha spiegato l’avvocato Alessandro Palmigiano – . Ci sarebbero strumenti tecnologici per evitare queste truffe ma questo richiede che le banche facciano degli investimenti in sistemi di sicurezza più avanzati. Non è possibile far ricadere il rischio di impresa sui clienti”. La banca ha proposto appello.
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