Non fu solo il calcio sferrato dall’allora diciassettenne Andrea Balsamo (già condannato a 10 anni) a uccidere Naro. Ci sono altri colpevoli su cui indagare il cui ruolo emerge chiaramente dal processo che si è concluso ieri. Per questo
nella sentenza per rissa aggravata e favoreggiamento, ieri sera il giudice ha anche disposto il rinvio degli atti
alla procura. Un rinvio circostanziato nel quale il giudice individua i responsabili su cui chiede di indagare ancora. I nomi citati sono quelli di Gabriele Citarrella (per lui richieste indagini anche per concorso in rissa aggravata), Francesco Troia e Pietro Covello. Quest’ultimo è a giudizio con rito ordinario per la rissa di quella sera.

Il gup ha anche pronunciato tre condanne e sei assoluzioni (leggi qui la sentenza)  e stabilito un risarcimento alla famiglia.

Ma i tre addetti alla sicurezza adesso rischiano un processo per concorso in omicidio a iniziare da Gabriele Citarrella che  finora è stato solo un testimone. “Inspiegabilmente era rimasto fuori dalle indagini, dicono a La Repubblica gli avvocati che difendono la famiglia della vittima, Antonino e Salvatore Falzone.

Citarrella raccontò davanti al giudice di avere spinto giù dalle scale il medico e anche che, prima del calcio di Balsamo, Aldo Naro aveva già perso conoscenza. Francesco Troia, invece, era all’interno del privé, secondo quanto emerso dalle indagini, quando scoppiò la rissa per un cappello da cowboy. È  Citarrella che lo ha tirato in ballo,
affermando che colpì anche lui Naro. Una testimone, infine, ha dichiarato ai carabinieri di avere visto un buttafuori che colpiva Naro con due calci molto forti e che era stata abbagliata da una luce.

“Denunciamo da tempo — dicono ancora gli avvocati — le troppe lacune e i troppi elementi contraddittori che hanno caratterizzato le indagini”.

Aldo Naro aveva 25 anni, “è stato vittima — sostengono i genitori — di un brutale pestaggio. Lo confermano anche le immagini dell’autopsia. Non può essere stato uno solo l’assassino”.

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