Un patto di rete contro le liste di attesa. A proporlo a Regione, Anci e università, Cisl e Fnp-Coordinamento donne, per le quali servono politiche a sostegno dell’invecchiamento attivo che facciano delle città siciliane “social city in cui anche gli ultrasessantacinquenni possano svolgere un ruolo nel circolo produttivo”. Ma vanno organizzate strategie per invecchiare bene. Tanto più che una persona su quattro ha più di 65 anni. E l’età media si alza anche a causa della forte migrazione giovanile
In Sicilia si è costretti ad attendere “da un minimo di due fino a sei mesi e più» per eseguire, nelle strutture del servizio sanitario nazionale, prestazioni specialistiche, dalla colonscopia all’ecocolordoppler cardiaco, per le quali non si dovrebbe aspettare che qualche giorno. Inoltre, solo quattro ultrasessantacinquenni su dieci, nell’Isola, possono giovarsi dei servizi di assistenza domiciliare (Adi). Gli altri sono obbligati a «subire quello che passa il convento. E se ce la fanno, a far da sé”.
Così Cisl e Fnp-Coordinamento regionale donne, che stamani, in occasione di un incontro dal tema “Prendiamoci cura delle persone a tutte le età”, hanno acceso i riflettori sulla condizione dei pensionati e sulla qualità di vita degli anziani nell’Isola. A introdurre l’incontro, svoltosi a Palermo, Alfio Giulio, segretario della Fnp Cisl Sicilia. Vi hanno preso parte per il sindacato: Sebastiano Cappuccio, segretario della Cisl Sicilia; Enzo Massimo Farinella, segretario regionale della Cisl Medici. E Maria Irene Trentin, Coordinatrice nazionale donne della Fnp Cisl, che ha tirato le conclusioni. Moderato da Giovanna Badalamenti, Coordinatrice regionale donne della Fnp Cisl, al meeting sono intervenuti: Mario Emanuele Alvano, segretario generale dell’Anci Sicilia; Margherita Ferro, consigliera di parità della Regione e Maurizio Gentile, psicologo, psicoterapeuta e referente Miur e dell’Ufficio scolastico regionale.
Per Cisl e Fnp-Coordinamento regionale donne, a fare le spese delle criticità del servizio sanitario pubblico, “causa di ansie, disagi. A volte anche di rinuncia alle cure», sono soprattutto gli anziani. Che sono fragili e avrebbero semmai bisogno di politiche che promuovano l’invecchiamento sano e attivo, come indicato nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. E come richiesto dal Parlamento Ue. Da qui la proposta di un «patto di rete tra sindacato, Regione, Anci e università per favorire l’invecchiamento in salute e la presenza attiva degli anziani nel tessuto sociale». Obiettivo: fare delle città siciliane delle «social city in cui anche gli ultrasessantacinquenni possano svolgere un ruolo nel circolo produttivo». Inoltre organizzare strategie condivise «contro le liste d’attesa nelle strutture sanitarie pubbliche e in quelle convenzionate; che diano corso alla medicina di genere. Per prevenire e contrastare i rischi di non autosufficienza. E per sviluppare i servizi di assistenza a domicilio, essenziali – ha sottolineato Badalamenti – in una terra in cui una persona su quattro ha più di 65 anni. E dove la popolazione invecchia, non solo per il minor tasso di natalità. Anche a causa della forte migrazione giovanile”.
Gli interventi. Per Cappuccio, “invecchiare è un privilegio. Un diritto che non deve essere un problema”. Per questo con la Fnp-Coordinamento regionale donne proponiamo il patto che metta al centro la cura della persona. Perché l’invecchiamento pone problemi serissimi, di welfare, politiche sanitarie adeguate, assistenza domiciliare, non autosufficienza.
Chiama in causa il sindacato. Ma “apre anche un tema rilevante, di visione e indirizzo politico». «È questo tema – ha ripetuto Giulio – che intendiamo far emergere, stimolando, anche provocando le istituzioni. E riportando l’attenzione sulle periferie esistenziali autorevolmente richiamate da papa Francesco». Per Farinella, «l’invecchiamento attivo è la sfida di questo secoloq”.
L’allungamento della vita media, ha detto, impone nuove scelte di tipo sanitario e sociosanitario. “Se fino a una decina d’anni fa si era considerati anziani a 65 anni, oggi anziani sono gli ultrasettantenni”. E questo obbliga a iscrivere all’ordine del giorno politiche nuove, di prevenzione, personalizzazione dell’assistenza, integrazione tra ospedale e territorio. E fa del geriatra la figura centrale di team multidisciplinari. Insomma «pone la questione di una lungimirante riorganizzazione della sanità». Ferrero ha insistito sul welfare familiare. «Servono – ha puntualizzato – norme a supporto delle donne e del lavoro di cura. Perché il sistema così com’è non aiuta». Ma ogni persona va aiutata e assistita sempre, anche nell’ultima fase della propria esistenza. Per questo «c’è bisogno di fare rete». La prevenzione come araba fenice. È il senso delle parole di Alvano per il quale «di prevenzione si parla molto poco. A tutti i livelli e per tutte le età». Per di più, molti Comuni stanno vivendo uno spaventoso fenomeno di spopolamento. Per effetto del deficit nascite-morti. E per la fuga di tanti giovani. Questo porterà i Comuni in tempi non remoti a trasformarsi in centri socioassistenziali. Inoltre, rimanda a una «riforma in profondità della governance del sistema sociosanitario”. Gentile ha parlato di psicologia del ciclo di vita. E quanto all’invecchiamento, “sono tanti i pregiudizi che sopravvivono”, ha rilevato. A cominciare dalla convinzione che il cervello sia un organo in progressivo declino. “Non è così”. Anche se nel corso della vita cambiano le modalità con cui il cervello elabora le informazioni. Tra le cose che aiutano a invecchiare bene, lo psicologo ha elencato: “apprendere lingue e musica, fare movimento in modo sistematico, dormire bene. Una buona alimentazione. Continuare una qualche attività produttiva”. Per Trentin, “siamo un paese completamente impreparato ad affrontare una società longeva, che avrà un carico importante pure dal punto di vista della sofferenza”.
Ma le trasformazioni non aspettano. Così, si porranno sempre più problemi di caregivers professionalizzati, di risorse, di riorganizzazione del lavoro e delle aziende. Anche di politica sindacale. Poi”ci sono problemi sociali che ricadono particolarmente sulle donne. Ma che non sono problemi delle donne. Sono problemi di tutti e vanno risolti nell’interesse di tutti. A cominciare semmai dalle donne”.
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