Come può la Sicilia, una regione che ha circa 5 milioni di abitanti e che presenta tutte le patologie delle realtà a sviluppo ritardato, uscire da una crisi profonda che la attanaglia da anni? Come fare per colmare il gap con il resto dell’Italia, e dell’Europa, sia dal punto di vista dell’occupazione che dal punto di vista economico? Mentre in una regione come l’Emilia-Romagna, su 4,5 milioni di abitanti lavorano in 2 milioni, in Sicilia serve un saldo occupazionale di poco meno di 1 milione.
Servono opere infrastrutturali, come manutenzione strade, il completamento delle dighe, una corretta e produttiva gestione dei rifiuti, una erogazione efficiente e razionale dell’acqua, ma anche fiscalità di vantaggio semplificazione amministrativa e rafforzamento delle strutture tecniche dei comuni, oltre a un rafforzamento delle politiche
sociali contro la povertà.
Di questo e di tanto altro si è discusso, nella sede della Fondazione Curella, che in vista delle prossime elezioni regionali, ha presentato il Programma per la Sicilia con una serie di consigli utili relativi all’economia, fisco e politica economica in genere per tutti i candidati.
“L’obiettivo deve essere quello di riuscire ad attrarre investimenti dall’esterno della nostra area – ha detto Pietro
Busetta, presidente della Fondazione Curella – e la strada che ci può aprire delle opportunità passa decisamente da una serie di condizioni, che sono poi le condizioni dello Stato minimo, come il completamento delle infrastrutture, la lotta alla criminalità organizzata, un cuneo fiscale differenziato con eliminazione della fiscalità sul lavoro, una fiscalità di vantaggio (o compensativa o di sviluppo come la si vuole chiamare) con tassazione unica ad una aliquota concorrenziale rispetto ai nostri competitor; infine, la semplificazione amministrativa e il rafforzamento delle strutture tecniche dei comuni”.
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