Verso le elezioni Europee. Manca ormai una settimana al silenzio elettorale che sarà seguito dal voto per il rinnovo del Parlamento Europee. BlogSicilia ha deciso di dare voce ai candidati che lo vorranno ponendo a tutti le medesime quattro domande e dando la possibilità a ciascun candidato di aggiungere un quinto argomento che vuole presentare come propria ‘cavallo di battaglia’0 o che comunque gli sta a cuore. Ciò per permettere agli elettori di avere una idea dei programmi ma soprattutto delle cose concrete che i candidati hanno in mente se eletti.

I candidati che ci risponderanno troveranno spazio nei tempi e nei modi consentiti dalla legge e comunque in ordine di risposta visto che il tempo restante è poco e gli spazi che il giornale può dedicare sono comunque limitati dalla evidente priorità che va data alla cronaca, all’attualità ed agli eventi di tutti i giorni sui quali è doveroso informare i nostri lettori.

La prima a risponderci è stata Caterina Chinnici, deputato europeo uscente e ricandidata nella lista del Pd. La Chinnici, magistrato in aspettativa, ex assessore regionale, ha scelto di venirci a trovare a BlogSicilia per rispondere personalmente alle domande che le avevamo posto.

Ecco il video con le sue risposte principali e, a seguire, la lunga intervista nella quale la Chinnici spiega il suo punto di vista e i suoi programmi di intervento se rieletta

 Se eletta quali sono le azioni concrete che intende portare avanti in sede Europea per lo sviluppo del lavoro in Sicilia?

“Il lavoro arriva principalmente dallo sviluppo e dalla costruzione delle competenze. Penso che si debba continuare a supportare sia l’uno che l’altra, mettendo a frutto le premesse create nell’attuale legislatura. L’azione di sostegno va naturalmente inquadrata nello scenario di continua trasformazione in cui viviamo. Andiamo incontro a sfide nuove, penso per esempio alla crescita dell’economia verde e circolare, alla riconversione degli impianti, alla digitalizzazione, all’automazione. Processi produttivi che cambiano, figure professionali che scompaiono mentre ne nascono di nuove. Con i programmi di finanziamento che l’Unione Europea mette a disposizione bisogna sicuramente continuare a supportare gli interventi infrastrutturali e destinare più risorse all’innovazione, perché tutto questo è occasione di crescita e occupazione. Al Parlamento Europeo abbiamo già votato in prima lettura l’incremento, per il periodo 2021-2027, del Fondo europeo per lo sviluppo regionale, del Fondo europeo per gli investimenti strategici di cui l’Italia è tra i maggiori beneficiari con 9,8 miliardi di euro di garanzie sui prestiti e che confluirà nel programma InvestEU. Abbiamo votato anche l’aumento a 120 miliardi di Horizon, cardine delle politiche per l’innovazione, e abbiamo approvato il nuovo Digital Europe, primo programma dedicato al digitale con 9,2 miliardi di euro. Sono tante risorse per alimentare la ricerca, le start-up, le piccole e medie imprese. La prima cosa da fare all’inizio legislatura sarà definire rapidamente i negoziati con il Consiglio dell’Ue per l’approvazione definitiva mantenendo gli obiettivi ambiziosi individuati dal Parlamento, che ha maggiorato le cifre proposte dalla Commissione. Come ho detto, però, accanto a questo sarà molto importante dare impulso ai programmi che sostengono la formazione, anche per favorire la riconversione occupazionale di chi ha perso il lavoro. Si dovrà cercare di ampliare e migliorare l’Iniziativa Occupazione Giovani, già rifinanziata con oltre un miliardo in questo esercizio, ampliare anche Erasmus+, per il quale il Parlamento ha già chiesto che il budget sia portato da 15 a 45 miliardi, ed è importante che si realizzi un sistema per il riconoscimento reciproco e automatico di tutti i titoli di studio tra gli Stati membri, proposta inserita nel programma del Pd così come quella di attivare un piano straordinario di investimento in capitale umano”.

Parimenti quali azioni ritiene siano i fondamentali, nel concreto, per sostenere l’agricoltura superando le oggettive difficoltà dovute all’enorme mole di truffe nel settore e intervenendo per arginare le infiltrazioni mafiose?

“Per quanto riguarda le strategie di sostegno, c’è stata due anni fa una mini-riforma parziale della Politica agricola comune che ha introdotto importanti novità. Il testo rafforza gli strumenti per la stabilizzazione del reddito, riduce la burocrazia, assegna nuovi poteri negoziali alle organizzazioni di agricoltori e potenzia le misure per i giovani. Questo intervento legislativo dovrà essere la base per la riforma vera e propria, che è stato inevitabile posticipare. La nuova Pac dovrà mantenere il livello di impegno finanziario, e anche su questo il Parlamento si è già espresso, e poi dovrà avere tra gli obiettivi prioritari un maggiore sostegno ai redditi agricoli, interventi per l’ambiente e per il contrasto ai cambiamenti climatici, più sostegno all’innovazione, azioni per la garantire cibo sicuro tutelando le eccellenze e anche misure per favorire la presenza di giovani e donne in agricoltura. Dico pure che in questo, come in altri settori, è lecito attendersi dalle politiche europee una superiore attenzione alle specificità dei territori. Le politiche vanno anche regionalizzate. Considero molto importante inoltre la direttiva che abbiamo approvato molto recentemente, a marzo, sulle pratiche commerciali sleali nella filiera agroalimentare. Questa legge tutela i produttori della filiera agricola vulnerabili: a causa dello sbilanciamento tra il potere contrattuale dei piccoli operatori e quello degli operatori maggiori, questi ultimi talora impongono condizioni non conformi a buona fede e correttezza commerciale, con il rischio che sia anche compromessa la qualità dei prodotti destinati ai consumatori. I produttori potranno denunciare queste pratiche anonimamente. La legge individua e vieta 16 pratiche sleali. Per quanto riguarda il problema degli illeciti sui fondi, che fanno perdere grandi risorse al bilancio pubblico a discapito dei servizi per i cittadini, è stata approvata la nuova direttiva contro le frodi comunitarie ed è stata istituita la Procura europea che inizialmente, in attesa di un ampliamento, avrà competenza proprio reati di questo genere. Si tratta di due strumenti importantissimi”.

Ritiene che l’attuale politica di convergenza sia stata adeguata? Come intende operare per il mantenimento dei livelli di contribuzione europea e per l’infrastrutturazione dell’isola, la continuità territoriale, il riconoscimento delle condizioni di svantaggio oltre l’obiettivo convergenza e in particolare con riferimento all’insularità? o ritiene siano altre le strade da perseguire?

“Come accennavo prima, nella nuova legislatura si dovrà riprendere rapidamente il negoziato con il Consiglio sul periodo di programmazione 2021-2027 e a noi parlamentari toccherà cercare di mantenere per il Fesr e il Fondo di coesione, nella stesura finale, sia la consistenza della dotazione finanziaria, sia alcuni elementi inseriti grazie alla compattezza della delegazione del Pd e che possono avere grande significato per il Mezzogiorno. Penso alla dotazione di un miliardo e mezzo per i piccoli comuni e le aree interne con difficoltà di accesso ai servizi di base o all’inserimento dei distretti turistici e dei parchi naturali nella politica di coesione. La posizione raggiunta dal Parlamento andrà difesa in sede di negoziato, e vale anche per gli altri programmi che ho citato prima. I fondi europei per la coesione aprono tante possibilità. Come il recente stanziamento di oltre 350 milioni per l’ampliamento della ferrovia Circumetnea, per dirne una. Valutarne l’adeguatezza non è facile se poi buona parte dei soldi rimane inutilizzata. In alcune regioni, e tra queste in primis la Sicilia, le performance di spesa non sono certo soddisfacenti. Il contributo dell’UE alla realizzazione dell’autostrada Siracusa-Gela ha rischiato la revoca, per esempio. Secondo i report più recenti, in Sicilia sono basse le percentuali di spesa certificata per il Fondo Sociale Europeo, il Fondo di Sviluppo Regionale e il Fondo per la pesca, mentre è di poco migliore la situazione relativa al Feasr, attuato attraverso il Programma di sviluppo rurale. Ciò che a livello europeo si può migliorare è sicuramente l’accessibilità a questi bandi, che sono piuttosto complessi, e si può forse fare di più per far conoscere le opportunità che esistono. Però non si può fare a meno di osservare che, per esempio, nel settore dei fondi diretti, quelli erogati direttamente dalla Commissione europea senza il tramite delle regioni, l’Italia è ai primissimi posti per progetti vincenti, sullo stesso piano di Francia e Germania, ma in ambito nazionale l’intero Sud Italia esprime appena il 9% dei soggetti beneficiari, e la Sicilia il 2%. Per questo durante la legislatura ho organizzato dei workshop che, se sarò rieletta, ripeterò in modo molto più capillare. In merito all’insularità, è una battaglia da fare insieme con la Sardegna. La risoluzione del Parlamento che ha riconosciuto gli svantaggi dovuti a questa condizione è un fatto importante, ora bisognerà insistere affinché la Commissione europea e il Consiglio diano seguito alle raccomandazioni, tra cui il ricorso a regimi fiscali di vantaggio e gli investimenti per migliorare i collegamenti e la continuità territoriale. Un ruolo dovranno svolgerlo anche le istituzioni nazionali. Mi piace sottolineare però che la risoluzione guarda l’insularità anche per le sue potenzialità, ben rappresentate da un progetto sperimentale come Clean energy for islands per l’autosufficienza energetica che coinvolge Salina, Favignana e Pantellleria”.

In sintesi serve più Europa o meno europa per superare la conflittualità fra paese Ue? Troppe differenze frenano lo sviluppo o sono i nazionalismi a frenarlo? In concreto come si esce da questo dualismo che i cittadini non capiscono e come si fa capire loro cosa è veramente l’Europa e a cosa ci serve?

“Serve che ce ne sia di più. O che ci sia meglio di così. Insomma, serve che sia data piena attuazione ai principi e agli obiettivi enunciati nei trattati e che il progetto di integrazione vada avanti e vada oltre, sempre nel rispetto delle specificità. Serve che aumentino gli spazi di condivisione della sovranità per gli aspetti generali che richiedono l’armonizzazione delle regole e, al tempo stesso, serve che rimanga un giusto spazio di autonomia per gli Stati. Ciò forse toglierebbe alibi o pretesti a chi alimenta le tensioni. Di sicuro, in nessun modo i nazionalismi possono essere fattore di maggior sviluppo. Anzi, isolarsi o circoscrivere il proprio orizzonte ai confini nazionali, in questo mondo della globalizzazione e delle superpotenze economiche, significherebbe andare dritti verso l’irrilevanza. Il fatto poi che molti cittadini non abbiano una percezione piena dell’Unione Europea è un po’ un paradosso, perché ciò che viene deciso a Bruxelles determina 70% delle regole applicate in campo nazionale. Probabilmente occorre comunicare ancora di più, e poi occorre che la rappresentanza popolare abbia un peso specifico maggiore. I cittadini scelgono da chi farsi rappresentare nel Parlamento europeo, che tra gli organi dell’UE è l’unica espressione diretta del popolo, eppure il Parlamento europeo non ha un potere di iniziativa legislativa autonoma. Lavora soltanto sulle proposte di legge presentate dalla Commissione europea. Ritengo che sia giunto il momento di avviare un serio dibattito sull’opportunità di riequilibrare i poteri dei tre organi”.

Per concludere, la sua storia e il suo impegno portano dritto a una domanda. La precedente legislatura aveva lasciato in eredità la risoluzione della commissione Crim. In questa legislatura, l’Unione Europea ha compiuto passi in avanti sul terreno della lotta alla criminalità organizzata, il cui raggio d’azione ormai sempre più spesso travalica i confini nazionali?

“Parte della risposta è nel riferimento che ho fatto prima: la Procura europea, al cui regolamento istitutivo ho lavorato moltissimo come relatore per il gruppo S&D, è una riforma di portata storica. Per la prima volta l’Unione europea ha un organo con autonomi poteri di indagine penale su scala sovranazionale. È una proiezione di quel metodo del coordinamento investigativo elaborato e applicato con successo in Italia, partendo dal pool antimafia e passando per le direzioni distrettuali e la procura nazionale antimafia. All’inizio si occuperà solo di reati finanziari, comprese le frodi sull’Iva, e solo quelle commesse dalla criminalità organizzata, secondo Europol, pesano sul bilancio pubblico per 60 miliardi di euro all’anno. L’obiettivo è, fin dall’inizio della prossima legislatura se dovessi essere rieletta, lavorare subito per cercare di includere nella sua sfera di competenza la criminalità organizzata, oltre che il terrorismo. Un’altra straordinaria innovazione legislativa è il riconoscimento in tutti gli Stati membri degli ordini di congelamento e confisca di patrimoni illeciti emessi anche in assenza di condanna, altro dossier al quale ho lavorato. Questa norma impedirà alle organizzazioni criminali di sfruttare le lacune dei sistemi giuridici nazionali per sottrarre i patrimoni illeciti alla misura patrimoniale. Secondo una stima della Commissione europea, probabilmente per difetto, le attività criminali generano ricavi in tutta Europa per 110 miliardi all’anno, tutta ricchezza sottratta all’economia lecita e ai servizi per i cittadini. Frazionando, al popolo siciliano questo costa più di un miliardo all’anno. E d’altro canto, Europol attesta che finora le confische in Europa non vanno oltre l’1,1% dei profitti criminali. Basta mettere insieme questi due dati per misurare l’importanza di questa novità legislativa. Manca un tassello, ed è un altro mio obiettivo per la prossima legislatura: l’introduzione di una definizione giuridica di organizzazione criminale a livello europeo. In molti Stati membri manca, e questo non consente la massima valorizzazione degli strumenti di contrasto. Su questo ho commissionato uno studio all’Università di Palermo, che ho presentato a Bruxelles. Compiere questo ulteriore passo significherebbe aprire la strada a una vera normativa antimafia europea”.

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