“Ci sono buchi neri nei fatti legati alla strage di via D’Amelio, come la vicenda dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, le indicazioni fornite in aula dal colonnello Arcangioli e il contrasto con altre dichiarazioni pongono la necessità di riaffrontare questo tema. Ci sono le prospettive per una ulteriore attività che dovrà essere svolta e verificata”.

Lo ha detto il procuratore capo di Caltanissetta Amedeo Bertone, che sta svolgendo la sua replica nel quarto processo per la strage di via D’Amelio, in corso davanti alla Corte d’assise di Caltanissetta. Bertone sta rispondendo ad alcune critiche mosse nella sua arringa dall’avvocato Fabio Repici, legale di parte civile di Salvatore Borsellino. In questo processo sono imputati per strage Salvo Madonia e Vittorio Tutino e per calunnia i falsi pentiti Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci.

“In questo processo si è parlato di zoppìa del discorso del pm in relazione all’esame delle fonti di prova, di orticaria nei confronti dell’argomento trattativa e di pensiero malato del pubblico ministero, di amnesie per le vicende del castello Utveggio e in un’aula di giustizia si è parlato di ‘vergogna’ rivolgendosi al pm – ha detto il procuratore capo di Caltanissetta, Amedeo Bertone – addirittura qualcuno ha detto che tutto questo suscita cattivi pensieri. Sono esternazioni che respingiamo al mittente. Tutto questo sembra davvero ingeneroso nei confronti di quest’ufficio che si è dato carico, senza fanfare, di rivedere tutto il materiale probatorio offerto dalle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza e Fabio Tranchina”. Bertone ha sottolineato che è stata avviata “una rigorosa attività investigativa, trattando anche aspetti che non si limitavano al solo accertamento della responsabilità degli imputati. Abbiamo trattato diffusamente parecchi temi – ha aggiunto – siamo passati attraverso un percorso pieno di insidie e riteniamo di averlo portato avanti con le richieste che alla fine abbiamo formulato”.

“Non riteniamo sia una vergogna chiedere la condanna per calunnia di Salvatore Scarantino, avvocato Repici (uno dei legali di parte civle ndr). E sostenere in un’aula di giustizia che si sia trattato di una vergogna è un eccesso”.

Con queste parole, poi, il procuratore capo di Caltanissetta Amedeo Bertone ha completato le sue repliche, confermando anche le richieste di condanna per tutti e cinque gli imputati nel quarto processo per la strage di via D’Amelio e cioè Salvo Madonia, Vittorio Tutino – che rispondono di strage – e i falsi pentiti Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci.

“È stato detto che è un falso sostenere che Scarantino ha parlato solo quando è stato messo con le spalle al muro. Dopo l’ultima ritrattazione Scarantino ha impiegato sei mesi prima di parlare. Riteniamo che ci sia stato un pressing e un comportamento scorretto da parte di alcuni operatori di polizia, ma anche che ci sia stato un interesse di Candura e Scarantino a iniziare una collaborazione. Altra insinuazione gratuita è quella di avere lasciato pendente l’indagine sui poliziotti per il depistaggio e le pressioni a Scarantino, in modo da consentire loro di potere avvalersi della facoltà di non rispondere. Inutile ricordare che sono stati sentiti in aula dopo la chiusura dell’indagine”.

Ma lo scontro a suon di dichiarazione fra Pm e parte civile è proseguito anche nelle controrepliche. “Ogni contestazione, all’assunto dei pubblici ministeri causava in loro la reazione dei cani di Pavlov perché tutto ciò che contrastava con il loro dire era qualcosa di falso, di dolosamente falso”. Questo il durissimo inizio della controreplica dell’avvocato Fabio Repici, legale di parte civile di Salvatore Borsellino. “In questo processo – ha aggiunto Repici – ho assistito persino alla richiesta, da parte della Procura, di una perizia sulla trascrizione di un’udienza perché era una trascrizione falsa di un’udienza fatta dal povero usuale trascrittore che aveva solo sentito ciò che aveva detto il pm”.