“Cosa è cambiato in questi anni? Abbiamo fatto alcuni passi avanti nell’accertamento della verità. Caltanissetta ha celebrato tre processi e ha scoperto il buco profondo del depistaggio, che denuncia con forza che ci sono entità dello Stato che hanno voluto nascondere la verità, che hanno fatto carte false perché la verità non emergesse. Ciò significa che quelle entità hanno avuto un ruolo attivo e criminale, nell’ideazione e decisione di quella strage”. Lo ha detto il magistrato Vittorio Teresi, presidente del centro studi Paolo e Rita Borsellino intervenuto oggi in via D’Amelio, per il 29° anniversario della strage del 19 luglio 1992, in cui morì Paolo Borsellino con gli agenti della scorta.

“Scellerata trattativa”

“E allora perché quella strage? Probabilmente perché – ha aggiunto Teresi – come dice anche la sentenza sulla cosiddetta ‘Trattativa‘, Paolo Borsellino aveva scoperto le trame criminali che si stavano intrecciando tra pezzi dello Stato e la mafia, quando sono scesi a patti, quando hanno fatto quella scellerata trattativa. E vi si sarebbe opposto con la forza e determinazione che gli era propria. Verosimilmente, come dice la sentenza della Corte d’Assise di Palermo, quella vicenda ha accelerato la esecuzione della strage di via D’Amelio”.

Ancora altri anni per ottenere tutta la verità

“Oggi – aggiunge Teresi – ricordiamo Paolo Borsellino, e gli agenti Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, perché vittime non soltanto della mafia, ma vittime anche di una parte cattiva dello Stato. Ci vorranno ancora alcuni anni per probabilmente per ottenere una verità compiuta. Ma io sono fiducioso che si otterrà, perché la nostra deve essere una democrazia perfetta. Non può avere questo tipo di segreti e misteri, deve rendere la verità a tutti, perché se quella verità è conosciuta da pochi, quei pochi gestiscono un potere di ricatto che è incompatibile con la democrazia moderna”.

L’audio ritrovato

Sull’audio inedito del giudice Paolo Borsellino, ritrovato negli archivi dell’Istituto siciliano di studi politici ed Economici (Isspe) e pubblicato nei giorni scorsi dall’agenzia AGI, e il cui video sarà trasmesso oggi dal centro studi “Dino Grammatico”,  il pm Teresi aggiunge: “Ho sentito quell’audio di quell’intervento di Paolo (a un convegno tenutosi nel gennaio 1989, ndr) nel quale parla dello Stato, del governo, della politica che si deve conquistare la fiducia dei cittadini: devono essere affidabili, persone perbene e oneste, che devono avere come unico obiettivo il bene comune e il senso del dovere, senza inseguire interessi privati personali. Un audio di grande importanza”.

Le interviste

Il ricordo della sorella agente Li Muli

Sabrina Li Muli, sorella dell’agente di scorta Vincenzo Li Muli ricorda così il fratello: “Fabio, noi lo chiamavamo così, era un ragazzo molto giovane, un ragazzo pieno di vita che si era subito innamorato del corpo di polizia, per il suo senso di giustizia. La nostra era una famiglia normale. Lui era piccolo d’età, ma ragazzo di grande responsabilità, tant’è che noi non sapevamo facesse la scorta a Borsellino. Lui sapeva il pericolo a cui andava incontro, poiché spesso soffriva di insonnia e si svegliava di notte. Lo abbiamo ricollegato dopo molti anni questo aspetto, questa sofferenza. Il fatto di non averlo capito, ci ha fatto ancora più male, perché lui sapeva a cosa andava incontro. La paura c’era, ma l’ha affrontata. Questi ragazzi sono tutti dei martiri. A volte i nostri sensi di colpa sono perché non lo abbiamo potuto capire o fermare.  Ognuno vive il dolore in maniera diversa: c’è chi lo esterna parlando e c’è chi resta nel proprio dolore.

È giusto fare memoria e ricordarli. Anche se oggi siamo disgustati da tutto quello che succede poiché lo Stato ha avuto una sua mano in questa strage. Quindi lui è morto per lo Stato. A volte c’è il senso di non voler partecipare alle commemorazioni, ma è giusto ricordare per non rendere vana la sua morte”.

 

Articoli correlati