Siono scaduti i termini ed il Consiglio dei Ministri non ha impugnato la legge regionale siciliana per il ritorno al voto nelle ex Province, quelle approvata il 29 aprile dall’assemblea regionale. In realtà i termini ancora ci sarebbero per un eventuale conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale ma la norma è passata indenne dall’analisi romana.

Di fatto fra ottobre e novembre si potrebbe tornare a votare per eleggere i presidenti dei sei liberi consorzi di comuni e tre sindaci metropolitani e con loro gli organismi di secondo livello per la gestione delle ex Province.

Dopo cinque anni di commissariamento, praticamente tutta la legislatura Crocetta e compagni, le ex province tornano verso un governo aut9onomo e razionale. Ciò significa, però, che in 137 comuni siciliani nel 2018 si andrà alle urne ben tre volte. una prima volta per le polktiiche di marzo, poi pe rle amministrarive di giugno e infine per le elezioni rpovinciali di novembre. Per otto comuni saranno addirittura quattro le chiamate se si consideranpo i ballottaggi del prossimo 24 giugno.

Non tutto, però, sembnra liscio così come da copione. Non è scontato che quelle di novembre siano realmente elezioni dirette. nel resto d’Italia, infatti, si tratta di elezioni di secondo livello ovvero sono i Sindaci, le Giunte e i Consiglieri dei comuni aderenti a un Corsorzio o a una città Metropolitana ad eleggere gli amministratori intermedi.

In Sicilia, però, vige la norma approvata ad agosto 2017 che prevede ilr itorno all’elezioni diretta dei presidenti e dei sindaci metropolitani. Una legge che è stata impugnata dal governo Gentiloni davanti alla Consulta. Per indire, dunque, le elezioni di ottobre o novembre biosgnerà aspettare che la Corte Costituzionale di pronunciarsi altrimenti non si saprà se indire elezioni ordinarie o di secondo livello.

Un passaggio per nulla scontato che potrebbe anche far slittare tutto. Di nuovo.