Un imprenditore 68enne di Carini, piccolo centro del Palermitano, è stato arrestato dalla Direzione investigativa antimafia perché ritenuto “organico” alla locale famiglia mafiosa inserita nel mandamento di San Lorenzo-Tommaso Natale. Il provvedimento è stato emesso dal gip del tribunale di Palermo su richiesta della Dda nei confronti di Giovanni Palazzolo di 68 anni.

L’indagine, condotta dal Centro operativo Dia di Palermo, è stata denominata ‘Nemesi’ ed è durata circa due anni. A carico dell’imprenditore – che opera nell’edilizia, nel campo della logistica e della ristorazione – sono stati raccolti “gravi indizi di colpevolezza – dice la Dia – in ordine alla propria appartenenza al sodalizio illecito”.

Avrebbe partecipato alle riunioni e favorito latitanza boss Lo Piccolo

L’uomo avrebbe partecipato a riunioni sulla programmazione delle attività criminali e avrebbe “assicurato assistenza al capomafia Salvatore Lo Piccolo nel corso della sua latitanza”. Tra le accuse anche quella di avere “riscosso il denaro provento delle estorsioni, reimpiegandolo e riciclandolo” e “garantito continui e costanti contatti occulti con l’Amministrazione e gli uffici della municipalità di Carini”.

In questo modo avrebbe consentito a Cosa nostra “di avere rappresentati i propri interessi” al Comune di Carini. Sul punto, riferisce la Dia, le indagini hanno offerto “puntuale e convergente riscontro” alle dichiarazioni, riconosciute attendibili, di collaboratori di giustizia già in passato ritenuti importanti esponenti della famiglia mafiosa di Carini.

Questi hanno “concordemente riferito in ordine al qualificato rapporto dell’imprenditore con esponenti di sicuro rango apicale del mandamento mafioso palermitano di San Lorenzo-Tommaso Natale e al suo ruolo di elemento di collegamento tra la famiglia mafiosa e l’amministrazione comunale carinese”.

Finanziere avrebbe rivelato segreti d’ufficio

Spunta anche un luogotenente della Guardia di Finanza nell’inchiesta sull’imprenditore di Carini, Giovanni Palazzolo, arrestato oggi per associazione mafiosa e riciclaggio. Il sottufficiale è accusato per rivelazione di segreti d’ufficio. Avrebbe rivelato a Palazzolo l’esistenza di un procedimento aperto sulla sua impresa, la Trinacria Immobiliare, a seguito di una richiesta di informazioni avanzata dalle Fiamme di Modena. Oggetto del procedimento era l’iscrizione della impresa, con sede in Emilia, nella white list della Prefettura di Modena.

Il finanziere avrebbe concordato con Palazzolo i contenuti della risposta da inviare ai colleghi modenesi, omettendo informazioni che avrebbero potuto compromettere il buon esito della pratica. Per ringraziarlo del favore Palazzolo gli avrebbe fatto capire di essere disponibile ad assumere suoi familiari.

L’imprenditore e i rapporti con l’ex amministrazione di Carini

L’indagine della Procura di Palermo che ha portato oggi all’arresto dell’imprenditore di Carini Giovanni Palazzolo, ritenuto a disposizione dei clan, nasce dalle dichiarazioni di diversi pentiti come Antonino Pipitone e Gaspare Pulizzi, per anni co-reggenti della cosca. “Se c’era un problema al Comune (di Carini ndr) si parlava con Giovanni, era come un tramite tra il Comune e la famiglia”, ha detto Pulizzi agli investigatori. Il collaboratore ha sostenuto inoltre che Palazzolo facesse investimenti per conto della cosca. “Giovanni c’ha i soldi della famiglia,” ha spiegato, precisando che l’imprenditore e il boss Vincenzo Pipitone erano soci occulti in una operazione che avrebbe consentito al boss di investire in una serie di attività edilizie. Precise anche le accuse del pentito Antonino Pipitone che ha raccontato che Palazzolo aveva corrotto funzionari del Comune per consentire una serie di lottizzazioni che interessavano ad alcuni imprenditori. “Era a disposizione per tutti, – ha raccontato – Nel periodo della mia reggenza era addetto al Comune di Carini e interferiva sia con il sindaco che con gli uffici tecnici”.

Sindaco Monteleone , mai rapporti con mia amministrazione

“L’amministrazione comunale, nel congratularsi con la Dia e la Procura di Palermo per l’operazione antimafia che ha interessato il territorio di Carini, sfociata nell’arresto nei confronti di un imprenditore carinese, precisa che le notizie di stampa, secondo le quali l’imprenditore avrebbe “garantito continui e costanti contatti occulti con l’amministrazione e gli uffici della municipalità di Carini”, non riguardano sicuramente questa amministrazione comunale. Come tra l’altro si può dedurre sempre dalla stampa “il suo ruolo di collegamento tra la famiglia mafiosa lo Piccolo e l’amministrazione” emerge da dichiarazioni di collaboratori di giustizia che si riferiscono a vicende passate e antecedenti ai mandati di quest’amministrazione e di questo sindaco”. Lo dice il sindaco di Carini Giovì Monteleone in merito all’arresto da parte della Dia dell’imprenditore Giovanni Palazzolo.
“L’amministrazione Monteleone – aggiunge il sindaco – comunica sin d’ora la piena disponibilità e collaborazione con gli organi inquirenti, qualora ve ne fosse bisogno, e ci tiene a sottolineare di essersi sempre distinta per aver fatto attività concrete all’insegna della legalità acquisendo al patrimonio comunale immobili dei mafiosi a seguito di provvedimenti di repressione dell’abusivismo edilizio per destinarli alla pubblica utilità e alla demolizione finalizzata alla esecuzione di opere di riqualificazione urbana”.

Arrestato imprenditore fedelissimo di Messina Denaro

A fine dicembre, i carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani eseguirono un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Palermo nei confronti di tre persone accusate di far parte della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo. Ai domiciliari l’imprenditore Giovanni Vassallo, custodia cautelare in carcere per Emilio Alario e Giuseppe Lodato.

L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido e ha fatto luce sugli affari e sugli assetti del clan di Mazara del Vallo da sempre alleato fedele del capomafia Matteo Messina Denaro a cui ha assicurato aiuto logistico ed economico durante la latitanza. Dalle indagini è emerso che Vassallo, già socio di Giuseppe Grigoli, imprenditore che grazie ai suoi rapporti col padrino di Castelvetrano da piccolo bottegaio ha costruito un impero nel settore della distribuzione alimentare e che da tempo collabora con gli inquirenti, avrebbe fatto parte della rete di fedelissimi che gestiva le comunicazioni di Messina Denaro e avrebbe contribuito a finanziare la sua latitanza.