Il Tribunale del riesame di Palermo ha rigettato la richiesta di scarcerazione presentata dai legali di Samuele La Grassa, uno dei sette ragazzi accusati dello stupro di una diciannovenne, violentata il 7 luglio in un cantiere abbandonato del Foro Italico di Palermo. A denunciare gli abusi è stata la vittima.

La Grassa, che è stato condannato anche a pagare le spese del giudizio, si è difeso sostenendo di non aver partecipato alla violenza e di essere rimasto in disparte mentre il branco stuprava la ragazza. Finora il Tribunale del riesame ha rigettato le richieste di scarcerazione di cinque dei sette indagati. Tra due giorni si terrà l’udienza che dovrà decidere sulla richiesta di scarcerazione di Elio Arnao. Il gip aveva invece scarcerato l’unico minorenne indagato che è stato poi nuovamente arrestato per avere postato commenti e video in cui rivendicava il gesto compiuto. A suo carico anche una chat in cui ammetteva con un amico che la ragazza non era consenziente. Oltre alla denuncia della vittima a carico dei sette indagati c’è anche un video girato durante gli abusi dal più grande del gruppo

La reazione della ragazza

Ora vi denuncio tutti, faccio piovere denunce per diffamazione. E’ più o meno questo il contenuto dell’ultimo sfogo della vittima dello stupro del branco a Palermo. Uno sfogo rilanciato, ancora una volta, via social, il mezzo attraverso il quale la ragazza continua a comunicare con i suoi oltre 150 mila follower fra Instagram e Tik Tok.

La vittima non  ci sta e reagisce

Non ci sta a farsi offendere, non ci sta a farsi colpevolizzare ed è pronta a denunciare per diffamazione chiunque continui a sostenere che in realtà fosse consenziente ma anche chi la accusa di essere troppo libera e diretta nei suoi video sui social, chi la addita come una poco di buono e così via. Insomma è pronta a reagire anche agli attacchi di una società che tende a colpevolizzare la vittima.

Tante le violenze che non emergono

Intanto la vicenda toglie il tappo ad un fenomeno fin troppo sommerso. A fronte delle tante denunce piovute negli ultimi mesi alle forze dell’ordine, denunce non sempre ritenute credibili, ci sono invece i dati certi dei centri anti violenza.

Un centro nel quartiere Brancaccio realizzato in una struttura e gestito insieme al centro padre Nostro che fu di Don Pino Puglisi, in carico ha una trentina di donne. Dal 2020 ad oggi tante sono le giovani e meno giovani, donne fra I 28 e i 45 anni che si sono rivolte al centro. Numeri molto diversi da quelli delle denunce. ma fra loro ci sono, per lo più, donne vittime di violenze domestiche. E se tante sono assistite molte di più sono quelle che non denunciano, che si affacciano al sistema dell’assistenza ma poi rinunciano. un fenomeno difficile anche per la vergognosa e per una società che continua a colpevolizzare la vittima