Giulia Catalano, 25 anni, palermitana è da ottobre nel nord del Portogallo per un progetto di volontariato. Cerca di tornare in Sicilia, ma è bloccata.
“Dal 12 marzo scorso – racconta Giulia Catalano- mi tL’rovo in quarantena per prevenire il contagio da Covid-19 e il centro giovanile presso cui prestavo attività di volontariato ha chiuso. Di conseguenza, seppure il progetto sia ancora attivo fino al 30 giugno, garantendomi alloggio e un pocket money mensile, di fatto non posso svolgere nessuna delle attività previste dal progetto, a parte dare un contributo in remoto”. D
a quando ha avuto inizio il lockdown in Italia lo scorso marzo, è rimasta all’estero.
“Avevo anche fiducia nel fatto che il governo italiano avrebbe agito nel miglior interesse di tutti i suoi cittadini, anche di quelli lontani e che, al momento opportuno, l’ambasciata italiana a Lisbona ci avrebbe aiutati a tornare in patria nella modalità corretta e meno rischiosa possibile. Nel frattempo il Portogallo, che ha attuato altrettante misure di sicurezza per evitare il diffondersi della pandemia, ha deciso di chiudere le frontiere con Italia e Spagna, e di valutare la riapertura il 17 maggio – aggiunge Giulia – La mia paziente attesa, si è trasformata in uno stato di ansia e incertezza crescente, che mi ha portata ad avere seri problemi di panico. Ho dunque deciso di smettere di aspettare e contattare l’Ambasciata. La risposta è stata alquanto deludente. Dopo giorni di ricerche, ho trovato un gruppo su Facebook, in cui altri italiani bloccati in Portogallo, si stavano organizzando per richiedere all’Ambasciata di organizzare un volo speciale che da Lisbona ci portasse a Roma”.
Dopo avere spedito la mail, l’ambasciata non ha dato risposte. “Ci ha detto che l’unica via di ritorno sarebbe stata la triangolazione Lisbona-Parigi-Roma (un viaggio interminabile e pieno di rischi di contagio, per me che vivo dall’altra parte del Portogallo e avrei dovuto comunque raggiungere la Sicilia), – conclude Giulia – ma che a seguito delle nostre richieste, si sarebbe cercato di fare pressione alle compagnie aeree per cercare di organizzare il volo speciale di rimpatrio. Questo scambio è avvenuto il 29 aprile, oggi è il 3 maggio e da allora non c’è stata da parte dell’Ambasciata nessuna novità”.
“Intanto, io e tutti gli altri ragazzi nella stessa situazione con cui sono in contatto, abbiamo atteso con ansia il 4 maggio sperando, ancora una volta, che nel nuovo Decreto del governo ci fossero provvedimenti che prendessero in considerazione la nostra situazione. Sebbene nel suddetto Decreto sia specificato che ritornare alla propria residenza sia un diritto di tutti i cittadini, questo diritto è di fatto negato. Il Presidente della Regione Sicilia, ha deciso di prolungare la chiusura dell’isola fino al 17 maggio; poi ha rettificato, la Sicilia resterà chiusa fino a fine maggio. I voli di Alitalia, l’unica compagnia che fino a qualche giorno fa garantiva il volo Roma-Palermo, sono scomparsi per tutto il mese di maggio. È vietato raggiungere l’isola sia in treno che in nave.
Il primo giugno, il Portogallo riaprirà i centri giovanili e di conseguenza mi verrà chiesto di tornare a svolgere la mia attività di volontariato, col rischio di venire a contatto col virus dopo 80 giorni di quarantena. Durante questo periodo di isolamento ho lasciato casa solo ed esclusivamente per fare la spesa, nonostante qui non sia vietato fare una passeggiata, pur di evitare ogni rischio ed essere pronta a partire in qualsiasi momento. Non potrò rifiutare di espormi al Covid-19, poiché essendo impossibilitata a tornare a casa, devo continuare il progetto per avere una casa e il sostentamento necessario.
Tanti di noi sono in questa situazione, in Portogallo e in altri paesi. Tutti noi ci sentiamo abbandonati, dimenticati, presi in giro dalle Istituzioni che dovrebbero tutelarci e invece ci ignorano. Io non risiedo in un paese straniero perché lavoro qui, questa non è la mia casa. Sono qui in via temporanea e il mio tempo, quello in cui ho un qualche tipo di tutela, sta comunque per scadere. Ho bisogno di ritornare a casa e ne ho il diritto.
Nessuno ci aiuta, i media parlano poco o per nulla della nostra situazione, quindi nessuno sa cosa stia succedendo. Per questo ho deciso di scrivere il mio punto di vista e di rivolgermi ai giornali, nella speranza che se ne parli, che si cominci a muovere qualcosa.
Stiamo parlando di cittadini italiani che sono ancora all’estero e stanno vivendo questa situazione, perché quando ne hanno avuto l’occasione hanno deciso di agire nel modo corretto, con senso civico e altruismo. E invece di ricevere l’aiuto meritato, si vedono del tutto lasciati a loro stessi. Continua a passarmi per la mente il pensiero che “ha fatto bene chi ha fatto male”, che essere corretti non funziona, non nel nostro paese. Spero di ricredermi”.
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