Il dibattito mondiale è inevitabilmente  concentrato sul Covid 19 e sulle possibili misure per contenerlo impostando nuove forme ed abitudini di vita utili a noi tutti per convivere con il Virus.

Sul Financial Times, qualche settimana fa,  lo storico Yuval Noah Harari ha commentato i fatti indagando i possibili sviluppi che la situazione potrebbe avere nel mondo.  Harari, in quell’articolo,   concentra l’attenzione su due interrogativi che ritiene rilevanti al momento: quanta privacy dobbiamo sacrificare in nome della nostra salute e se riusciranno le potenze globali a cooperare per trovare una soluzione condivisa al covid 19.

Per Harari la storia ci insegna, anche quella recente,  che le misure applicate in vista di un emergenza sono prorogabili fino a diventare quotidianità  ed è proprio questo il pericolo a cui dobbiamo guardare.

In Cina, ad esempio, in assenza di emergenze il governo ha la “buona abitudine” di monitorare la cittadinanza con la localizzazione e con sistemi di identificazioni facciale. Nelle democrazie occidentali certe misure possono essere introdotte proprio e soltanto in momenti di emergenza in cui il governo ha la possibilità di attuare politiche impopolari assumendosene la responsabilità.
Anche il caso recente di Israele è emblematico. Li  Netanyahu si è rivolto ai servizi segreti per comprare moltissimi test da paesi con cui Israele non ha rapporti diplomatici e per usare strumenti solitamente impiegati nell’antiterrorismo al fine di  sorvegliare i propri cittadini e imporre loro l’isolamento. Il tutto senza passare per il Parlamento, suscitando così lo sdegno dell’opposizione che ha  accusato il governo di violare la privacy dei cittadini.

Passando all’Italia invece, soltanto lo scorso giovedì 16 Aprile,  il commissario straordinario Domenico Arcuri ha firmato l’ordinanza con cui affida a titolo gratuito per il governo la realizzazione dell’App “ #Immuni “ alla società “ #BendingSpoons “.
L’installazione dell’App e l’aggiornamento dei propri dati sanitari avverrà su base volontaria e alla base del tracciamento ci sarà un identificativo temporaneo generato da uno Smartphone che viene trasmesso e registrato dagli device vicini, cosi ché l’app accompagnata da una quantità non indifferente di tamponi sia in grado di inviare una notifica qualora ci fosse nelle vicinanze qualcuno che risulta contagiato. Sembra allora proprio il caso di citare il discorso alla nazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella del  25 aprile 2019:  “La storia insegna che quando i popoli barattano la propria libertà in cambio di promesse di ordine e di tutela, gli avvenimenti prendono sempre una piega tragica e distruttiva.”

È facile pensare che ad emergenza esaurita un governo possa mantenere misure straordinarie per eventuali seconde ondate e cosi che tali misure possano rimanere permanenti proprio come accade in Cina.
Probabilmente in futuro saranno utilizzabili rilevatori biometrici capaci di misurare temperatura corporea e pressione sanguigna, permettendo una maggiore precisione nell’individuazione dei soggetti a rischio contagio, potendo sapere prima del malato stesso il suo stato di salute.

Tornando ad  Harari, questi ci ricorda anche casi di virtuosismo della popolazione che in presenza di una giusta presa di coscienza e una responsabilità personale ha collaborato con le autorità e la scienza in piena fiducia con le disposizioni governative, come avvenuto in Corea del sud. Ma guardando al livello del governo Italiano, è inverosimile pensare che l’attuale esecutivo possa considerare misure tecnologiche tanto elaborate ed effettivamente funzionanti: basti pensare alla recente esperienza del bonus cultura, al modo in cui  ha gestito la vicenda  dei 600€ alle partite iva sul sito dell’INPS, o al prestito alle piccole aziende, quando la piattaforma pronta a ricevere un quantificabile afflusso di traffico è  crashata creando ostacoli a chi aveva diritto a soldi spesso necessari. L’Italia ha avuto vissuto invece grane  collaborazione tra cittadini e istituzioni in questi mesi di quarantena:  tra cori, bandiere e campagne di solidarietà la gente ha accolto le richieste del governo e comitato scientifico cercando di salvaguardare la salute pubblica.

E’ chiaro però  che la pandemia in corso non è qualcosa di nazionale ma un problema globale e per questa ragione  proprio lo storico  Harari propone un approccio di collaborazione contrapponendo il nazionalismo dell’America first, disposto ad accaparrarsi il primo dei vaccini in sfavore della popolazione globale e richiedendone il monopolio, all’ausilio che ad esempio ci è stato (non tanto) disinteressatamente offerto dalla Cina.

Questo è il grande vantaggio degli umani rispetto ai virus, ci ricorda Harari: un Covid 19 in Cina e un Covid 19 negli Stati Uniti non possono scambiarsi consigli su come infettare l’uomo ma la Cina avrebbe potuto  offrire invece agli Stati Uniti molte preziose lezioni sul coronavirus e su come affrontarlo.

La dimostrazione della scarsa voglia di collaborazione tra gli stati è ciò che emerge anche dalla videoconferenza dei paesi del G7 tenutasi dopo la decisione del presidente USA di vietare l’accesso ai cittadini europei o dalle recenti dichiarazioni sull’OMS. E’ anche presumibile che la rabbia con cui Trump reagisce al virus sia dettata dalla voglia di mantenere lo status di leader mondiale; proprio il recente comportamento cinese nei confronti dell’Italia infatti ci potrebbe far pensare che in un eventuale collaborazione globale la Cina potrebbe assumere il ruolo di leader.

Non resta allora che interrogarsi sulle reali intenzioni della Cina, sulle capacità americane di tenere botta a questa emergenza e sulle ripercussioni che tale stravolgimento avrà certamente  sulla  nostra quotidianità  ma anche sugli equilibri di potere mondiale.