Tristi, incupiti, privi di entusiasmo. Praticamente spenti. Sono i giovani al tempo della pandemia descritti da una ricerca curata dal dottor Giuseppe Raffa, pedagogista dell’ambulatorio antibullismi dell’Asp di Ragusa.

Giovani che al contatto fisico ed alla società preferiscono gli schermi dei loro computer o smartphone e le comfort zone delle loro camerette. Un cambiamento epocale che però, stando ad uno studio, non è tutta colpa del Covid.

Secondo lo studio, che ha coinvolto una cinquantina di dirigenti scolastici siciliani per comprendere meglio le ragioni del nuovo disagio giovanile, “Il virus, le restrizioni, i divieti e tutto il resto hanno acuito un’emergenza sviluppatasi prima della pandemia”.

“Famiglie sempre più in difficoltà”

Si legge nella ricerca: “Lo dico e lo scrivo da quasi due anni, e adesso ne sono certi anche i dirigenti scolastici siciliani coinvolti nella ricerca dal titolo: ‘Giovani depressi, aggressivi, spenti. Famiglie e scuola sempre più in difficoltà. È tutta colpa del Covid?’”.

Tre semplici domande per lo studio

Lo studio si è basato su un sondaggio con tre quesiti:

  • I ragazzi sono cambiati, ma è davvero tutta colpa del virus?
  • è mutata la relazione tra la scuola e i genitori?
  • Come è intervenuta la scuola per aiutare i ragazzi e supportare le famiglie?

Tre semplici domande alle quali hanno risposto una cinquantina circa di dirigenti scolastici delle nove provincie siciliane.

Per il 75% il Covid ha fatto impennare una emergenza già esistente

Nel documento si legge che “Per il 75% il Covid ha contribuito a far galoppare una emergenza già in atto tra le giovani generazioni prima dell’esplodere della pandemia”.

Un male oscuro che coinvolge gli adolescenti

Questo viene definito come “Un inedito ed epocale ‘male oscuro’ che col virus si è diffuso a macchia d’olio coinvolgendo, soprattutto, i preadolescenti e gli adolescenti tra gli 11 e i 16 anni”.

Crisi sanitaria ha peggiorato la situazione dei più fragili

“Sarebbe questa – si continua a leggere – per i presidi la fascia giovanile che maggiormente ha sofferto la chiusura delle scuole, il ricorso alla Dad, la mancata socialità coi coetanei, le restrizioni e i divieti imposti dalla pandemia. Com’era prevedibile la crisi sanitaria ha peggiorato la situazione dei più fragili. Per farla breve, anche i presidi sono dell’avviso che non è tutta colpa del Covid se i ragazzi stanno mostrando la faccia triste e depressa, brutta e cattiva che nessuno di noi avrebbe mai voluto essere svelata. È anche colpa del Covid”.

Che gli studenti non stessero bene già prima della diffusione del virus lo rivela Daniela Lucangeli, esperta di neuroscienze e apprendimento, che in un suo libro del 2017 così scriveva: ‘I nostri ragazzi stanno sperimentando ansia e stress, il 60% di loro sta male stabilmente nella sua scuola’.

E i genitori? È cambiato il loro rapporto con la scuola? Qui i presidi si dividono. Per il 55% del campione il Covid avrebbe reso le famiglie più aggressive, pretenziose e invadenti. Tanto che un nuovo, pericoloso stato di tensione sarebbe scoppiato tra la istituzione scolastica e le famiglie. Sarebbero anche aumentate le incomprensioni tra le due agenzie, e ciò avrebbe allontanano ulteriormente i genitori. La pensa in maniera differente il 45% dei presidi: sono quelli i cui genitori avrebbero addirittura migliorato il rapporto con la scuola. Non solo. Molti di loro si sarebbero anche avvicinati ai docenti, ovviamente solo virtualmente.

Come si sono mosse le scuole per aiutare ragazzi e famiglie

Terza domanda: cosa hanno fatto le scuole per aiutare i ragazzi e supportare le famiglie? Alcuni presidi siciliani hanno scelto di aiutare gli studenti ricorrendo al classico sportello ascolto gestito dallo psicologo a scuola: lo ha fatto il 24% circa del campione da me chiamato in causa. Una scelta che in alcuni casi non ha però funzionato com’era nelle aspettative: lo ha fatto sapere il 7% circa dei presidi, quelli costretti a registrare la scarsa affluenza di ragazzi davanti lo sportello in questione.

Gli stessi studenti che hanno preferito rivolgersi ai docenti referenti e/o delle classi per chiedere di accendere un po’ di luce sul loro periodo buio.

Poco o nulla è stato fatto per i genitori

E i genitori? Poco o nulla è stato fatto per loro. Si legge “Nel senso che i tempi pandemici hanno imposto a tutte le scuole d’aiutare prima i ragazzi, per poi occuparsi d’altro, cioè di Dad, di distanziamento, di sanificazione dei locali, di tamponi, quarantene e via dicendo. Così hanno fatto tutte le scuole. Ma adesso è tempo di supportare anche i genitori, molti dei quali vivono in clamoroso momento di difficoltà come mai accaduto in epoca moderna”.

Disagio giovanile ha radici antiche

Scrive Raffa: “È il trionfo della tesi che sostengo da anni, e cioè che l’attuale disagio giovanile ha radici antiche, e dipende soprattutto dai genitori e dal loro ‘abbandono educativo’. Bravi e svelti i presidi nel comprendere al volo che se si intende ragionare davvero su quello che sta accadendo ai ragazzi si deve tornare indietro, partire da Internet e dalla conseguente, improvvida e devastante scelta di molti genitori di lasciare soli figli, oppure di affiancarli simmetricamente vestendosi come loro, nutrendosi della stessa cultura e modi di fare”.

E continua: “Sono le mamme e i papà ‘amiconi’, per essere più precisi. Ed è stato a quel punto, siamo nella prima decade dei Duemila, che gli esperti hanno cominciato a registrare l’inesorabile avanzare del pericoloso atteggiamento di rinuncia degli adulti nei confronti della educazione dei figli, dei nipoti, degli alunni”.

Il passo indietro delle famiglie nel crescere i figli

Raffa prosegue: “Ma perché per la prima volta le famiglie hanno fatto un passo indietro nel crescere i figli? Colpa della crisi dei ruoli di padre e di madre, innanzitutto. Col passo indietro del primo è venuto a mancare il cosiddetto ‘sguardo verticale’, il ruolo del pater familias si è lentamente sbiancato, è ufficialmente entrato in crisi. Un fatto inedito e trasversale che ha scatenato la crisi parallela delle autorità scolastica, politica, istituzionale, degli adulti competenti più in generale”.

Dalla verticalità si è passati all’orizzontalità fraterna

“Gradualmente dalla verticalità si è passati alla orizzontalità ‘fraterna’, dove si è tutti uguali, nelle famiglie è scomparso il conflitto generazionale, e l’aggressività giovanile, prima concentrata sul padre, si è trasferita nelle strade, a scuola, nei locali. Nel volgere di pochi anni la nuova società orizzontale e ‘liquida’, secondo Bauman, ha cancellato limiti e confini, con la conseguenza che la famiglia non è più riuscita ad essere luogo preferenziale per la risoluzione dei conflitti”.

Anche internet ha le sue colpe

E poi “Genitori solo orizzontali, inadeguati anche per colpa di Internet, che ha generato quella nuova “specie umana”, i nativi digitali, nei riguardi dei quali urgono nuovi canoni pedagogici e tecnologici. La solitudine dei giovani ha determinato il moltiplicarsi già prima della pandemia degli atteggiamenti alloplastici, cioè di violenza verso coetanei, adulti e cose, e il diffondersi degli atteggiamenti autoplastici, cioè di danno verso sé stessi e di attacco al corpo, che il Covid ha poi contribuito a far galoppare. Colpa della pandemia, certo. Ma anche dell’assenza delle famiglie, della politica, degli adulti di riferimento. Una cosa è certa, bisogna intervenire”.

“Serve un piano Marshal educativo”

E conclude: “Serve lo psicologo per famiglie e giovani. Occorre, anche, soprattutto, un progetto di affiancamento pedagogico, un piano Marshall educativo che si ponga obbiettivi importanti ed epocali: fornire ai genitori le moderne competenze pedagogiche e tecnologiche per tornare ad educare i nativi digitali”.