Decine di imprenditori del Nord, dilaniati e distrutti dall’epidemia, protestano presso i centralini di Confindustria. I presidenti dell’azienda degli industriali di Lombardia, Veneto, Piemonte e Emilia-Romagna, raccolgono il messaggio. Pretendono la ripresa della produzione, in maniera ordinata e sicura, ma occorre farlo il prima possibile. Il 13 aprile scade la proroga del confinamento e da palazzo Chigi non è arrivata una decisione chiara sul ruolo che avranno le aziende in questa situazione.La possibilità più plausibile sembra essere quella di un allungamento del lockdown per altre due settimane, ma le imprese non sono d’accordo.

 

Ci sono ancora due messaggi per il governo da parte di confindustria. Nel secondo, gli imprenditori del Nord dicono chiaramente che se si continuerà a non produrre, ci saranno i tracolli di fatturato, seguiti subito da chiusure e licenziamenti. Il terzo messaggio è destinato a Confindustria nazionale: lo strappo del Nord finisce inevitabilmente per indebolire l’associazione degli industriali nella sua interezza e quindi anche nella sua possibilità di incidere sulle decisioni della catena di comando del Paese. Perché chi ha in mano quasi la metà della ricchezza del Paese non è una sparuta minoranza o una fronda di ribelli di cui si può non tener conto.

 

Gli umori in casa Confindustria sono gli stessi per tutti. Tutte le imprese vogliono riaprire, in modo graduale e tutelando a salute dei lavoratori. Il come Confindustria l’ha immaginato, ma a decidere sarà il governo, per questo la prima richiesta a palazzo Chigi è una mappa che dica, punto per punto, come bisogna procedere con la riapertura. Su questo punto pende, però, l’incognita di quanta autonomia il governo vorrà prendersi nella sua decisione. Ne sanno qualcosa i sindacati, che, non avendo contatti con il governo, hanno dovuto scrivere una lettera a Conte chiedendo di essere convocati per capire le intenzioni per dopo Pasquetta. La Cisl parla della protesta del Nord come di “questioni vere”, ma chiede una ripartenza sicura. La Cgil chiede che sia il governo ad assumersi la responsabilità di decidere, insistendo sul fatto che la riapertura deve essere davvero contingentata e soprattutto i lavoratori vanno tutelati non solo con le mascherine, ma anche con gli ammortizzatori sociali e il sostegno al reddito.