Stando ai dati dell’OMS ad oggi in Libia sono stati confermati 48 casi di positività al Covid-19 e un deceduto. A causa dell’impossibilità di eseguire i test sanitari, i numeri forniti rischiano di essere fortemente sottostimati. Jean-Paul Cavalieri, Capo missione dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati in Libia, ha dichiarato che una crescita della diffusione del coronavirus nel Paese potrebbe provocare una catastrofe umanitaria.

 

La Libia, così come lo Yemen e la Siria, oltre ad avere un sistema sanitario impreparato nell’affrontare l’epidemia, è devastata da una guerra incessante. I pochi ospedali ancora attivi nell’ultimo periodo hanno subito i pesanti attacchi dei bombardamenti. Nonostante l’appello delle Nazioni Unite per il cessate il fuoco, per facilitare la gestione della pandemia, gli scontri si sono intensificati.

 

L’introduzione di misure restrittive per rallentare la diffusione dei contagi, in una situazione di conflitto, risulta poco efficace. Gli spazi e le condizioni in cui vengono detenuti i migranti rischiano di trasformarsi in focolai, inoltre, in questi luoghi di reclusione manca un accesso adeguato all’assistenza medica, all’acqua pulita e a servizi igienico-sanitari. A questo si aggiunge il fatto che migranti e rifugiati sono all’oscuro di tutto e non hanno informazioni sul virus, così come conferma l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) .

 

È per questo che tentano comunque di fuggire in Europa. La situazione nel Mediterraneo si fa sempre più complessa e le chiusure dell’Europa diventano sempre più nette. Concentrata sui problemi interni, migranti e rifugiati sembrano essere spariti mentre rischiano le loro vite in mare.