• Orietta Berti, 29 anni dopo l’ultima partecipazione a Sanremo è pronta a sbarcare per la dodicesima volta in Riviera,
  • con il brano Quando ti sei innamorato, scritto da Francesco Boccia, Ciro Esposito, Enzo Campagnoli e Marco Rettani.

 “Quando ti sei innamorato” il singolo sanremese di Orietta Berti

“La canzone è molto difficile da cantare – confessa Orietta-  in alcuni punti sembra estratta da un’opera sinfonica. Racconta un incontro che diventa passione, una passione che dura tutta la vita”. 29 anni sono tanti. “La mia è stata un’assenza appagata perché non sentivo l’esigenza di andarci, oltre ai concerti, ho fatto e faccio tanta televisione: sono stata ballerina, cuoca, madre e moglie con il mio inseparabile marito Osvaldo, opinionista.

Dopo la partecipazione a Sanremo uscirà un cofanetto con sei dischi, dal titolo La mia vita è un film.

“Quattro cd del passato, uno di duetti e uno con 22 inediti, che esce anche in doppio vinile e che parla di amore a 360 gradi,. E se la mia vita è un film, l’Oscar che ho vinto è stata la durata di questa carriera. Io ragazza di provincia che voleva fare la sarta o la maestra e che invece è diventata cantante per far piacere al papà”. Tuffiamoci nel passato.

Orietta Berti, torna a Sanremo con “Quando ti sei innamorato”

Orietta Berti, torna a Sanremo 2021 con "Quando ti sei innamorato"

CARMEN GUADALAXARA ha incontrato Orietta Berti

 

Signora Berti, il rapporto con il Festival?

“Non volevo andare a Sanremo per forza, il primo anno – era il 1966 – Gianni Ravera mi mise in coppia con Ornella Vanoni, cantavamo “Io ti darò di più”.

 L’anno successivo la tragedia di Tenco. Sono passati 50 anni: quanto ci ha pensato? Lei cantava Io tu e le rose, che il cantautore cita nel suo biglietto d’addio.

Sempre. La vita rovinata l’ho avuta anch’io, sono sempre stata trattata come una ciabatta dalla stampa. Potevano dare una mano a questo ragazzo di talento, ma quando è stato il momento di ritirare fuori la canzone hanno ripescato La rivoluzione. Io che colpa ho? Tuttora non penso che abbia scritto lui il biglietto, ma una persona legata ai discografici.

A quei tempi andare a Sanremo voleva dire entrare nell’olimpo della musica

Guardi che all’epoca non c’era solo il Festival. Canzonissima dove la mettiamo? Cominciava a settembre finiva a gennaio, aveva 30 milioni di spettatori. Anche lì c’era una giuria mista: mi davano zero, ma si votava con le cartoline. Ne arrivavano sessantamila”.

Sveliamo un segreto. Fin che la barca va, lasciala andare aveva il doppio senso?

“Mah, quando mi diedero il provino, la canzone mi sembrò buffa. “Falla tua”, disse la mia mamma. Certo avere un fidanzato a Cantù e uno in Cina…”.

A distanza di 50 anni lei è un’icona della nostra musica italiana. Le piacciono i talent.

I talent illudono e poi seppelliscono. Torchiano e spesso bruciano. Io so di aver lottato sempre in prima persona e con passione infinita. Ai miei tempi non c’era il televoto e neppure lo spettacolo dei giudici, però mi ricordo che in Philips facevano sempre i sondaggi interni prima di scegliere le canzoni su cui puntare. Mandavano in onda le canzoni per l’intera settimana all’interno della fabbrica e poi chi ci lavorava al venerdì doveva esprimere il proprio giudizio. E lì capivi subito che impatto aveva la canzone e la tua interpretazione sul pubblico.

La fortuna della sua vita è stata quella di incontrare il grande Giorgio Calabrese

Quando è morto mio padre è stato lui a non farmi abbandonare tutto. Non volevo lasciare la mamma e la nonna sole. I primi provini li avevo fatti accompagnata da papà, poi è stato Giorgio a sostituirlo e a restituirmi quell’entusiasmo che stavo perdendo. Lui mi aveva sentito cantare “Il cielo in una stanza” in un concorso per voci nuove a Reggio Emilia. Mi portò a Milano.  Adoravo Ella Fitzgerald e Frank Sinatra: volevo imitarli, riproporli. Me lo impedirono. Mi dissero che dovevo trovare una mia strada, interpretazioni mie. E per farmi conoscere mi proposero la versione italiana delle canzoni di suor Sorriso, una religiosa belga con hit di successo. Se ce l’avessi fatta mi avrebbero mandato al Disco per l’estate. Avevano ragione loro, il disco di suor Sorriso ebbe molto successo, spinto dallo stesso Vaticano, con le edizioni Paoline.

La canzone che le sarebbe piaciuto cantare

“Grande, grande, grande” portata al successo da Mina, la più brava,  ma il primo provino lo feci io richiesta da Tony Renis. Mi piaceva moltissimo, poi la casa discografica scelse diversamente. Ho lasciato morire nel cassetto questo sogno che però ho ripreso nel mio ultimo cofanetto”.

Quanto nella sua vita l’ha aiutata la sua religiosità

Io prego sempre, c’è sempre bisogno di tutto. E mi rivolgo sempre a Padre Pio, lo chiamo amico mio. Sì, è come se lo conoscessi personalmente, ho fatto la sua camminata, quella che va da Pietralcina a San Giovanni Rotondo, toccando 14 monasteri. Un’esperienza intima e di preghiera che voglio ripetere. E poi sin da bambina sono devota a San Giovanni e a San Domenico. Ho incontrato gli ultimi tre Papi e mi sono emozionata quando papa Francesco mi abbracciò con una frase di Sant’Agostino: chi canta prega due volte.

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