“La politica deve fare necessariamente un passo indietro, lasciare ai privati la responsabilità piena degli oneri gestionali in cambio di precisi impegni in materia di interventi di risanamento del territorio e adeguare l’impianto a tecnologie avanzate”.

Lo afferma Pippo Ansaldi, geologo siracusano, uno dei padri dell’ambientalismo a Siracusa ed ex presidente dell’Ias, il depuratore consortile di Priolo, dove convergono i reflui civili dei Comuni di Priolo e Melilli ed i fanghi delle imprese della zona industriale.

La vicenda Ias

La questione ambientale nel Siracusano da oltre 30 anni ruota attorno a questo impianto, entrato in funzione nel 1984 ed al centro di diverse inchieste giudiziarie, tra cui l’ultima nel giugno del 2022, culminata con il sequestro della struttura per disastro ambientale e l’iscrizione nel registro degli indagati di 38 persone, tra cui i vertici delle imprese del Petrolchimico, in quanto, secondo i magistrati della Procura di Siracusa “una enorme quantità di sostanze nocive” sarebbero state immesse in mare ed in atmosfera”.

Gli azionisti

L’azionista di maggioranza dell’Ias sono gli enti pubblici, tra cui i Comuni di Priolo e Melilli, mentre il resto del pacchetto è riservato alle grandi aziende, come Sonatrach, Isab, Sasol e Versalis.

La gestione mista ed il compromesso

“La scelta originaria della gestione comune pubblico–privata rispondeva ad una comprensibile ragione di politica industriale: coinvolgere nell’attività di risanamento soggetti pubblici e privati a vario titolo interessati” dice Ansaldi.

Solo che, con il passare del tempo, “l’Ias è diventata il luogo di un compromesso deteriore tra partner pubblici e privati, con il quale ciascuna delle parti rinunciava al corretto esercizio delle proprie prerogative pur di garantire un assetto compatibile con gli interessi clientelari della politica e quelli patrimoniali industriali”

Il presidente dell’Ias che chiamò i carabinieri

Fin dall’inizio della sua entrata in esercizio, l’Ias ha subito diverse inchieste giudiziarie, peraltro, come ricorda Ansaldi, nelle relazioni dell’allora  consulente della Procura, Angelo Stoli, tra la fine degli anni ’80 e gli anni ’90, si evidenziarono “anomalie di funzionamento”.

Nel 1998 fu proprio Ansaldi, da presidente dell’Ias, a chiedere l’intervento dei magistrati e dei carabinieri che svelarono “l’esercizio irregolare dello scarico di emergenza del refluo non depurato che, scavalcando il ciclo di depurazione, veniva direttamente immesso nella condotta dello scarico a mare” spiega l’ambientalista siracusano.

Il processo e la prescrizione

Ne nacque un processo con il rinvio a giudizio “del direttore tecnico della società e di nove capiturno” ma la prescrizione fu come una tagliola per il procedimento giudiziario e di conseguenze per le denunce degli ambientalisti.

L’inchiesta No Fly

Nel febbraio del 2019 l’impianto finì sotto sequestro preventivo nell’ambito dell’operazione No Fly. Si contestava la compartecipazione con altre tre aziende industriali in frequenti fenomeni di odori nauseabondi che avrebbero reso meno salubre l’aria dei centri abitati. La Procura dispose delle prescrizioni a cui le imprese si adeguarono per impedire la diffusione dei cattivi odori.

Il decreto del Governo su Ias

A seguito dell’ultima inchiesta, con il sequestro del depuratore Ias, il Governo ha firmato un decreto per salvaguardare l’intero Petrolchimico. Perché, se l’Ias si ferma davvero -infatti, nonostante il provvedimento cautelare le aziende continuano a usarlo – equivarrebbe alla paralisi della zona industriale.

Tanto per fare un esempio, è come se in una palazzina non funzionassero più gli scarichi fognari di tutti gli appartamenti. Nel decreto, le raffinerie Isab sono ritenute sito strategico di interesse nazionale ed in questa porzione ricade anche il depuratore, “riconosciuto quale infrastruttura necessaria ad assicurare la continuità produttiva dello stabilimento” si legge nel provvedimento.

Arpa senza personale

“Il Governo è intervenuto sulla vicenda, alla luce della strategicità economica della zona industriale e dei risvolti occupazionali,  modificando i parametri grazie ad un decreto legge” commenta in modo sarcastico Pippo Ansaldi, che, mette sul tavolo un altro problema.

“Il nostro organo di controllo, l’Arpa, è monco, per via di un progressivo depauperamento di risorse umane, a causa dei pensionamenti: il personale non è stato sostituito, per cui parliamo di un ente che è spuntato” dice Ansaldi.

Il fallimento della politica

“Ci sono responsabilità assai gravi che coinvolgono la Regione, proprietaria dell’impianto, e i CdA dell’IAS che si sono succeduti in questo ultimo decennio e gli stessi industriali. Occorrerebbe avere il coraggio di ammettere che la politica ha fallito, creando l’ennesimo carrozzone pubblico sul quale non a caso periodicamente si scatenano gli appetiti famelici dei politici locali” chiosa Ansaldi.