E’ stato rimesso in libertà Concetto Scrofani, 30 anni, lentinese, disoccupato, recentemente condannato ad un anno ed 8 mesi per violazione della sorveglianza speciale e resistenza a pubblico ufficiale.

Reati commessi poco dopo una sentenza di condanna ad 8 anni e 2 mesi, nell’ambito di un processo, denominato Uragano, dal nome dell’inchiesta della Procura distrettuale antimafia di Catania culminata negli anni scorsi l’arresto di 17 persone ritenute responsabili a vario titolo di associazione per delinquere, estorsioni, rapine e furti.

Le violazioni

L’uomo, nel maggio scorso, venne intercettato in sella al proprio scooter mentre si sarebbe dovuto trovare nella sua abitazione e quando i carabinieri hanno provato a fermarlo sarebbe scappato. Il lentinese, difeso dagli avvocati Puccio Forestiere e Fabiola Fuccio, è stato per alcuni mesi in carcere, nel penitenziario di Noto, salvo poi essere trasferito in una comunità.

Rimesso in libertà

Nelle ore scorse, i giudici della Corte di Appello di Catania hanno accolto l’istanza del collegio difensivo dell’uomo che, così, è tornato in libertà. E tra le motivazioni c’è la buona condotta durante il periodo di detenzione.

L’inchiesta Uragano

In merito alla vicenda giudiziaria in cui Scrofani ha rimediato una condanna in primo grado, i legali hanno già presentato ricorso in Appello.

Le indagini sull’operazione Uragano furono avviate dagli agenti  del commissariato nel gennaio del 2016 dopo una catena di episodi violenti accaduti nel Comune del Siracusano, che avevano destato un molto allarme sociale tanto da indurre le forze dell’ordine a predisporre il rafforzamento dei servizi di contrasto.

Furti e rapine agli anziani

Si erano verificati  estorsioni, furti e rapine, quest’ultime, in particolare, ai danni di persone anziane. Secondo la tesi degli inquirenti, alcuni degli imputati si sarebbero introdotti nelle case dei pensionati fingendosi tecnici del gas ed in qualche occasione le vittime sarebbero state  prese a botte.

Il gruppo delle estorsioni

Un altro gruppo avrebbe pensato alle estorsioni con il metodo del cavallino di ritorno, prima compiendo un furto per poi chiedere soldi alla vittima per la restituzione della refurtiva. La terza cellula, invece, avrebbe avuto il compito di intimidire le vittime, tra cui imprenditori, compiendo degli incendi alle loro proprietà con finalità di estorsione.