Ha cominciato a collaborare con gli inquirenti l’avvocato palermitano Alessandro del Giudice, 53 anni, penalista finito agli arresti il 20 settembre scorso nell’ambito dell’operazione Araldo con l’accusa di concorso in associazione mafiosa e usura. Secondo quanto trapela oggi attraverso il Giornale di Sicilia, il legale sta dando una serie di informazioni raccontando dei suoi legami accertati con i capomafia di Misilmeri in particolare, i fratelli Giovanni e Pietro Formoso. Del Giudice, tra le cui accuse figura quella di associazione mafiosa, sta parlando con i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo.

Si vuota il sacco

Ovviamente top secret i contenuti di queste dichiarazioni ma ciò che è certo è che i magistrati stanno scavando sugli interessi del boss, sui giri di prestiti usurai e su come funzionava l’organigramma della cosca. Insomma, ogni dettaglio utile per poter andare a ricostruire gli interessi di cosa nostra.

Gli ordini

Del Giudice, secondo l’accusa che lo ha visto finire in carcere due mesi fa, nel corso degli anni si sarebbe fatto portatore di messaggi dei fratelli Giovanni, detenuto a Napoli, e Pietro Formoso. “Tu domani non devi andare a Napoli. Ho da darti un documento postale da recapitare”, diceva Pietro Formoso all’avvocato. “Non c’è problema, più tardi ci vediamo”, rispondeva Del Giudice sulla base delle intercettazioni che sono nel fascicolo dell’indagine. Il 20 dicembre del 2013 anche Pietro Formoso veniva arrestato e l’avvocato lo andava a trovare in carcere.

I dialoghi

“Lui mi serve solo per cose tecniche non mi serve per altro”, diceva Pietro Formoso ai familiari. L’attività difensiva l’aveva affidata ad un altro legale. L’avvocato si sarebbe prodigato per organizzare incontri e portare i messaggi di Formoso all’esterno del carcere: “Aspè… ora ti do un pezzettino di carta… tieni qua… mettiti questo coso nella tasca e poi te lo leggi… levati qua per ora…”, diceva Formoso mentre infilava la mano nella tasca dei pantaloni e passava un foglietto all’avvocato.Formoso a volte non usava parole tenere nei suoi confronti: “… cannavazzo gli dici urgentemente che si rompe le gambe viene a farmi il colloquio prima di mandarlo affanculo… ho i miei motivi va bene?”. E ancora diceva ai familiari: “A Del giudice capisci? Non gli dovete dare niente a questo cannavazzo, non gli dovete dare né 200 euro e neanche 50 euro. Lui con la mia faccia è pagato e strapagato. Gli ho portato 50, 60 e 100 clienti. Il caffè a me non me l’ha mai offerto”.

Anche vittima di estorsione

L’avvocato Alessandro Del Giudice era stato vittima degli estorsori. Secondo le indagini avrebbe chiesto soldi a Giovanni Di Salvo, ritenuto il capo dell’organizzazione, e sarebbe stato più volte minacciato in modo violento per la restituzione delle somme prestate a tassi di usura anche del 5.400%. Nei suoi confronti documentate, attraverso intercettazioni, minacce esplicite anche di morte. E per ripianare i suoi debiti con l’organizzazione l’avvocato oltre a somme di denaro ha dovuto consegnare anche la Bmw. Secondo quanto accertato dagli inquirenti poi il legale avrebbe preso parte al giro degli assegni segnalando le potenziali vittime. Un sistema che aveva spiegato ad una collega di studio e captato sempre dalle intercettazioni.