La proprietà di un’azienda agricola di Carlentini, gravitante attorno alla famiglia Carcione, ha presentato ricorso al Cga di Palermo contro il pronunciamento del Tar di Catania che, nel giugno scorso, ha confermato le interdittive antimafia emesse 5 mesi fa dal prefetto di Siracusa, Giusi Scaduto.

L’origine del provvedimento del prefetto

L’interdittiva antimafia trae origine dall’inchiesta della Procura di Siracusa e dei carabinieri del comando provinciale di Siracusa culminata nell’ottobre del 2015 con 11 arresti.

Per gli inquirenti, il gruppo capeggiato dal carlentinese Antonino Carcione, avvalendosi di atti pubblici falsi tra il 2011 ed il 2014, rogati da un notaio, Giambattista Coltraro, condannato in primo grado in un procedimento giudiziario parallelo, e anche con intimidazioni e danneggiamenti, avrebbe acquisito la disponibilità di oltre 2 mila ettari di terreno appartenenti ad ignari proprietari e, con la complicità di ispettori dell’Agea, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, avrebbe conseguito erogazioni pubbliche per oltre 200 mila euro.

Nell’ordinanza Terre emerse, il Gip del Tribunale di Siracusa sottolineava che le indagini “hanno consentito di evidenziare l’esistenza di una organizzazione criminale finalizzata all’appropriazione indebita di terreni altrui ed al conseguente ottenimento del maggior beneficio economico possibile dalla terre illecitamente sottratte.”

Il Tar

Il Tar, a cui le difese delle 5 aziende agricole di Carlentini, avevano presentato ricorso dopo il provvedimento del prefetto,  ha anche condannato i ricorrenti al pagamento delle spese. Per i giudici del Tar, è stata corretta la ricostruzione del prefetto, nella cui relazione, frutto anche delle informative delle forze dell’ordine, è indicato un legame tra queste attività imprenditoriali e la famiglia Carcione, coinvolta in numerose inchieste della Procura, tra cui  Terre Emerse, su una presunta appropriazione illegittima di terreni.