La Corte di Appello di Catania ha disposto la restituzione di tutti i beni, riconducibili a Gianfranco Trigila, fratello di Antonio Giuseppe Trigila, detto Pinnintula, indicato dalla Dda di Catania come lo storico capo della cosca di Noto.
I beni di Trigila
Lo rende noto il difensore dell’uomo, l’avvocato Antonino Campisi, per cui il provvedimento è frutto dell’annullamento della sentenza di primo grado che si era espressa per il “congelamento” dei beni, per un valore commerciale di circa un milione di euro.
Il ricorso in Appello
La difesa, a seguito di quel pronunciamento del Tribunale di Catania, presentò ricorso in Appello, contestando alla Procura di non aver disposto degli accertamenti contabili che avrebbero potuto scagionare il suo assistito.
La relazione del perito che scagiona Trigila
“Abbiamo chiesto la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale – spiega l’avvocato Campisi – finalizzata alla revisione di tutti i calcoli sull’intero patrimonio finito sotto sequestro per confisca. La Corte di Appello ha accolto la richiesta per poi nominare un perito per cui i beni di Trigila e dei terzi interessati, quest’ultimi, difesi dagli avvocati Stefano Rametta e Claudio Paschina, sono di origine lecita frutto di lavoro da parte dei familiari, che negli anni hanno investito i loro risparmi su attività commerciali e beni immobili risultati acquistati senza alcuna sperequazione ed in modo proporzionato ai redditi dichiarati”.
L’ultimo sequestro al clan
L’ultimo sequestro ad un presunto componente del clan di Noto risale al gennaio scorso: in quell’occasione, gli agenti della Divisione anticrimine della Questura di Siracusa sequestrarono due case del valore di 300 mila euro, costruite abusivamente, riconducibili a Pietro Crescimone, 60 anni.
“L’assoluta sproporzione tra i beni posseduti da Crescimone e i redditi dichiarati inesistenti, attestano come le proprietà oggetto del provvedimento siano riconducibili ai proventi derivanti dalle attività delittuose dallo stesso commesse negli anni” spiegavano dal palazzo della Questura di Siracusa.
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