Dopo 60 anni è stato riaperto il Teatro Comunale di Siracusa, l’ultima messa in scena prima della sua chiusura, fu Cavalleria Rusticana, nel 1958.

Lo scorso 26 dicembre è stato alzato nuovamente il sipario dopo 60 anni di oblio e il 19 e 20 gennaio andrà in scena CIATU, respiro, breath, così come si sussurra nell’inglese in cui saranno tradotti alcuni brani dell’opera diretta da Monica Felloni.

CIATU è lo spettacolo di successo della compagnia coordinata dal direttore artistico di NeonTeatro Piero Ristagno. Dopo il debutto nella suggestiva cornice del Teatro Antico di Taormina, la folla di pubblico nelle date che hanno impreziosito il cartellone dello Stabile di Catania nella scorsa stagione, riecco aleggiare il fantasma di Giordano Bruno, riecco rivivere il suo pensiero, la sua estrema difesa del libero pensiero, il suo opporsi alla grettezza, all’ottusità di chi non vuol vedere, di chi non vuole ascoltare, di chi non vuole accogliere, di chi non vuole accettare.

Perché Ciatu è animato dal sacrificio del monaco filosofo. Risorge ancora una volta dalle ceneri del rogo al quale fu condannato dall’Inquisizione. Si incarna nel corpo, nelle parole, nella danza, nel canto, nei movimenti degli attori, ognuno bello come è, ognuno vero come è, ognuno Fenice che rinasce giorno dopo giorno, lotta dopo lotta. Respiro dopo respiro.

“Una tematica perfettamente in linea con la politica della nostra amministrazione – afferma Francesco Italia, assessore alla Politiche Culturali del Comune di Siracusa – per questo abbiamo fortemente voluto che l’evento della rinascita del Teatro Comunale fosse celebrata anche con un’opera d’altissimo livello così come quella creata da NeonTeatro. La scelta di Ciatu non è casuale: la nostra amministrazione si caratterizza pure per la sensibilità ai temi della accessibilità e del rispetto delle diversità. Uno spettacolo, Ciatu, che speriamo di replicare per le scuole, perché lo riteniamo educativo e formativo per i giovani”.

La riapertura del teatro costruito nel 1872 sullo spazio in cui sorgevano la chiesa e il monastero dell’Annunziata, è il preludio ad una lunga serie di eventi organizzati per festeggiare l’anniversario dei 2750 anni di fondazione della città che trasuda storia, miti, leggende.

E l’opera di Monica Felloni, che è pure un elogio alla melodia della lingua siciliana – “Ciatu, ciatu mio. Ciatu do me cori…” – si incastona perfettamente nel mosaico che l’amministrazione vuole consegnare ai cittadini; è espressione di quella voglia di recupero e rafforzamento dell’identità di un popolo che affonda le sue radici nel tempo. Quella voglia che accomuna chiunque navighi l’infinito oceano dell’esistenza.