Era stato arrestato nel giugno scorso un agente di polizia penitenziaria di 55 anni, di Avola, in quanto accusato passato informazioni fuori e dentro il carcere di Cavadonna, a Siracusa, per consentire ai detenuti di comunicare con l’esterno. La sua posizione, nelle ultime ore, si è aggravata in quanto gli inquirenti avrebbero contestato all’indagato di aver agevolato esponenti mafiosi.
Due in particolare, entrambi avolesi, che, nei mesi scorsi, dopo il provvedimento cautelare nei confronti del cinquantacinquenne, difeso dall’avvocato Sebastiano Troia, sono stati trasferiti in altri penitenziari.
Le indagini sul conto dell’agente di polizia penitenziaria, coordinate dal sostituto procuratore di Siracusa, Gaetano Bono e dal Procuratore aggiunto Fabio Scavone, sono iniziate dopo alcune segnalazioni sul comportamento dell’indagato e per arricchire gli elementi a suo carico gli investigatori hanno utilizzato delle telecamere che avrebbero inchiodato l’uomo, raggiunto in seguito da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip Carla Frau.
Le accuse formulate ai danni del cinquantacinquenne sono di atti contrari ai doveri di ufficio, peculato e false attestazioni. Il difensore dell’indagato, ritiene che il suo assistito non abbia percepito nemmeno un centesimo per i suoi presunti favori, tra cui, secondo i carabinieri di Siracusa, fare da postino tra i detenuti ed i loro familiari. Anzi, nella ricostruzione della difesa, gli unici doni ottenuti sono stati una bottiglia di amaro ed un caciotta.
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