“L’ipotesi siciliana, non è affatto una bufala ma il frutto di un paziente e complesso lavoro di ricerca scientifica”. Lo afferma a BlogSicilia, Anselmo Madeddu, presidente dell’Ordine dei medici di Siracusa, appassionato di storia, autore di studi secondo cui i Bronzi di Riace sarebbero stati realizzati in Sicilia, in particolare a Siracusa.

La contestazione

Una ricostruzione fortemente contestata da un gruppo di archeologici, in particolare da Fabio Caruso, componente dell’Istituto di Scienze del patrimonio culturale, che contesta anche la circostanza per cui le statue furono trovate nel mare di Brucoli e ripescate nel 1971 dai tombaroli salvo poi finire a Riace.

Gli studi di Holloway sulla presenza dei Bronzi in Sicilia

Uno dei punti di contrasto è legato agli studi dell’archeologo americano Ross Holloway, secondo il quale i Bronzi sarebbero stati rinvenuti in acque siciliane ma per Caruso si tratta di una tesi “fortemente dubitativa” come sostenuto dallo stesso esperto statunitense.

Madeddu, “ci sono informazioni documentali”

Secondo Madeddu, invece, non ci sono dubbi, anzi, “come ha dichiarato di recente alla stampa la figlia Anne Holloway che vive negli USA, suo padre ebbe informazioni precise e documentali e ne era assolutamente certo. Lo stesso Holloway scrisse, senza mezzi termini: “La scoperta degli Eroi di Riace non fu la scoperta di un carico antico, bensì del nascondiglio di un’operazione clandestina”.

L’ipotesi siracusana

Madeddu rilancia la tesi secondo cui ci sono elementi per affermare che le statue finirono nel mare di Brucoli. “Non è vero – dice Madeddu – che Holloway “sconfessò l’ipotesi siracusana”, tanto è vero che scrisse testualmente: “Se l’esportazione degli Eroi di Riace fosse dovuta ai Romani, una sola città sarebbe stata capace di fornire loro statuaria del quinto secolo: Siracusa, che rimase indenne fino alla presa di Marcello nel 212 a.C.”. Alle stesse conclusioni peraltro giunse anche un’altra grande archeologa americana, Anne Marguerite McCann, che propose di identificare nei Bronzi i Dinomenidi Gelone e Ierone di Siracusa”.

La realizzazione delle statue a Siracusa ispirati ai Tiranni

Dagli studi compiuti dal medico siracusano, che è stato sentito dalla giornalista del Tg1 autrice di un’inchiesta, i bronzi raffiguravano i Dinomenidi: il tiranno siracusano Gelone insieme a due dei suoi fratelli. Le statue, arrivate da Argo in sezioni anatomiche staccate, sarebbero state ricomposte a Siracusa servendosi di argille locali.

Nella ricostruzione di Madeddu, autore di due libri sui Bronzi, le due sculture sarebbero state trafugate da Siracusa durante il saccheggio dell’esercito romano, guidato dal console  Marcello nel 212 a.C. Le statue sarebbero poi finite in mare lungo il tragitto navale per Roma, in particolare nei fondali di Brucoli, nella rada di Augusta.

Per Caruso, la tesi secondo cui i Bronzi siano partite da Argo smontati per poi essere assemblati a Siracusa, “come fossero una libreria di Ikea”, è tutt’altro che certa.

“Appaiono infine molto superficiali – assicura Anselmo Madeddu – le valutazioni sul montaggio tipo Ikea dei Bronzi. Premesso che nel mondo antico viaggiava di tutto sulle navi, come dimostra il relitto della chiesa bizantina prefabbricata trovato a Marzamemi, la verità è che oggi non conosciamo nulla o quasi sulle tecniche costruttive delle statue greche. Pertanto escludere con granitica certezza la prassi dell’eventuale assemblaggio in loco è per lo meno velleitario. Le uniche cose certe che sappiamo è che i Bronzi furono realizzati saldando bel 14 sezioni anatomiche separate e che le terre coi cui furono realizzati i perni per saldarli corrispondono con le terre campionate presso le antiche cave d’argilla della Siracusa greca. Un motivo ci sarà pur stato”.

“Persino la presunta origine argiva – dice Anselmo Madeddu – delle terre delle singole sezioni oggi viene messa in discussione, considerato che si tratta di valutazioni fondate su generiche carte geologiche e non su reali campioni. I risultati preliminari delle analisi condotte sulle argille di Siracusa, peraltro, sembrano aprire nuovi interessanti scenari in tal senso, come si può evincere da quanto pubblicato su Archeologia Viva di questo terzo bimestre, a cui si rimanda”.

Il caso della nudità delle statue

Da quanto emerge nella ricostruzione di Caruso, i bronzi di Riace ritraggono due figure maschili armate ma in completa nudità, caratteristica esclusiva, in questo periodo storico, delle figure eroiche e non dei mortali. Ed esclude la circostanza che Gelone si presentò completamente nudo ai siracusani per avere il loro consenso.

“Secondo lo studio – dice Caruso – in questione la nudità della statua di Gelone (e di quella del fratello, alla quale però non si fa mai cenno nei testi) sarebbe giustificata dai testi antichi che usano il termine greco “gymnos” in relazione al tiranno. Basterà tuttavia aprire un semplice vocabolario di greco antico per appurare che se da una parte “gymnos” significa in prima battuta “nudo”, dall’altra può essere usato per indicare una persona “inerme”, “indifesa”, “disarmata” o “vestita della sola tunica”.

La replica di Madeddu

“Non è vero che non esistono fonti che parlino di una statua di Gelone nudo nell’antichità, come erroneamente afferma Caruso” aggiunge Madeddu, aggiungendo un altro elemento sulla querelle storica.

“Polieno (I, 27), Diodoro Siculo (XI, 26) e Claudio Eliano (VI,11), nel raccontare – dice Madeddu – l’episodio che diede vita alla statua, per ben sette volte riportano il termine “gymnos” cioè “nudo” (delle quali solo due volte associato a “ton oplon”, cioè anche “nudo delle armi”). L’assunto di Caruso secondo cui il termine greco “gymnos” avesse significato “vestito col chitone” e non “nudo” è del tutto infondato. Lo stesso Polieno, a proposito di Gelone, scrive “exedu ten estheta”, che significa “si spogliò delle vesti” (I, 27), sgombrando il campo da ogni dubbio circa il significato che volle dare al termine “gymnos”, cioè “nudo”. E Diodoro Siculo, inoltre, scrive che Gelone si presentò “akìton”, che significa “senza chitone” (XI, 26), chiarendo una volta per tutte cosa avesse voluto intendere Eliano, quando scrisse che “per questo motivo anche la sua statua … venne raffigurata nuda” (VI, 11). Peraltro lo stesso Diodoro scrisse in un altro passo che Gelone fu oggetto di “eroikaìs timaìs”, ovvero di quegli” “onori eroici” (XI, 38, 5) che ne spiegano ancor di più la nudità della statua. Pertanto non c’è alcun bisogno che Caruso si scomodi a interpretare il pensiero di Polieno e Diodoro, perchè cosa hanno voluto intendere i due storici per “gymnos” ce lo hanno spiegato direttamente loro stessi, proprio Polieno e Diodoro: “senza chitone” e “spogliato delle vesti””