“I titolari della Fenice erano Giuseppe Vizzini, Salvatore Giuliano ed i fratelli Aprile”. Lo ha detto in aula un imprenditore di Pachino, chiamato a testimoniare al processo denominato Araba Fenice, scaturito dall’inchiesta della Procura distrettuale antimafia di Catania sul presunto controllo del mercato ortofrutticolo di Pachino da parte di un’azienda, la Fenice, nell’orbita di Salvatore Giuliano, indicato dalla Dda di Catania, come il boss di Pachino.
L’inchiesta
Nel luglio del 2018 furono tratte in arresto 19 persone che avrebbero esercitato, secondo l’accusa, un potere intimidatorio nei confronti dei produttori agricoli, praticamente costretti a consegnare la merce ai vertici dell’azienda La Fenice. Che, a loro volta, con metodi poco ortodossi, secondo gli inquirenti, avrebbero convinto i centri di distribuzioni ed altri commercianti a comprare da loro. Si sarebbe creato un cartello che gli inquirenti avrebbero scoperto grazie alle intercettazioni telefoniche. Secondo la Dda di Catania, il gruppo avrebbe anche preteso il pagamento di una provvigione come corrispettivo di una presunta mediazione contrattuale svolta tra produttori e commercianti.
La testimonianza
Nell’udienza che si è tenuta nell’aula della Corte di Assise di Siracusa, dove sotto processo ci sono 31 imputati, il pm della Procura distrettuale ha interrogato il teste, ex socio in affari di un altro imprenditore, Nicastro, che, dopo la visita nella loro azienda dei fratelli Aprile, anch’essi alla sbarra, decise di rivolgersi alla polizia, sentendosi minacciato. Per il teste, invece, quella visita, invece, sarebbe stata cordiale. “Non mi sono sentito minacciato dagli Aprile – ha detto l’imprenditore Barrotta rispondendo alle domande del pm – il tono era cordiale. In ogni caso, se mi fossi sentito minacciato mi sarei rivolto alle forze dell’ordine”.
Il pm ha incalzato il teste, ricordandogli una frase attribuita dalla Procura ai fratelli Aprile, che secondo l’accusa, sarebbe suonata come una minaccia. “Bel magazzino questo, dobbiamo fare molta attenzione”. “Hanno detto – ha spiegato l’imprenditore durante la sua testimonianza – che era un bel magazzino, ma perchè era la prima volta che lo vedevano. Per me era solo un complimento.
Ma c’è un altro particolare emerso nel corso dell’udienza, cioè la visita nell’azienda dei due soci di Salvatore Giuliano e di Giuseppe Vizzini, recentemente condannato, insieme ai due figli per l’intimidazione alla curatrice fallimentare, Adriana Quattropani, culminata nel dicembre del 2017 con l’esplosione di un ordigno sotto la macchina della professionista. “Il 22 giugno del 2015 nella sua azienda ricevete la visita di Salvatore Giuliano e Giuseppe Vizzini” riferisce il pm al teste che conferma quella circostanza. Ma il rappresentante dell’accusa, rivela in aula una conversazione tra i due soci. “Abbiamo avuto la visita, quella che ci aspettavamo”.
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