Il segretario nazionale della Cgil, Maurizio Landini, spinge per la risoluzione della crisi Lukoil, che, con l’embargo alle importazioni di grezzo dalla Russia, l’unico al momento trattato, rischia di crollare.

“Nazionalizzare le raffinerie Isab”

Tra le opzioni poste dal leader della Cgil c’è la nazionalizzazione delle raffinerie di Priolo. “Su Isab-Lukoil pensiamo ci sia bisogno di un intervento dello Stato. E se serve bisogna arrivare anche a una nazionalizzazione come stanno facendo altri Paesi europei” ha detto Landini a Palermo, frattanto il Governo sta provando a trovare la soluzione giusta per scongiurare una catastrofe economica.

Le ipotesi per salvare Lukoil

La prima opzione, che avrebbe effetti immediati, è quella della deroga all’embargo del petrolio russo. Le altre alternative sono una proroga o l’acquisizione della raffineria sul modello proposto dal senatore siracusano del Pd, Antonio Nicita, firmatario di un emendamento che consentirebbe allo Stato di assumere, in via temporanea, l’amministrazione fiduciaria della Isab Lukoil sul solco di quanto realizzato dal Governo tedesco con una raffineria russa in Germania.

Le banche tacciono

Delle banche ancora nessuna notizia, gli istituti di credito non hanno ancora deciso di cedere prestiti a Lukoil, nonostante la garanzia della Sace, la controllata del Mef. Evidentemente, come spiegato nelle settimane scorse da un importante esponente politico italiano, che ha preso parte ad un meeting internazionale proprio a Siracusa, le pressioni degli Stati Uniti starebbero giocando un ruolo decisivo in questa partita.

Il ruolo della Turchia

Se c’è un paese che non “tifa” per la soluzione della crisi della Lukoil, questa è la Turchia, che continua ad acquistare senza sosta grezzo proveniente dalla Russia ed è pronta a rivenderlo a prezzo maggiorato in Europa.

La beffa per l’Italia

E così, l’embargo alle importazioni di petrolio dal paese di Putin, che scatterà il 5 dicembre e che impedirà alle raffinerie Isab Lukoil di trasformarlo in carburante, non solo affonderà l’intero Petrolchimico ma avrà come beffarda conseguenza la necessità di acquisto, da parte dell’Italia, dello stesso prodotto ma lavorato altrove, in Turchia appunto.