Il Tribunale di Siracusa ha emesso sei condanne, tre assoluzioni ed una sentenza a non doversi procedere al termine del processo su droga ed estorsioni a Siracusa sotto il controllo del clan Borgata.

Le sentenze

Massimiliano Fazio: 4 anni ed 8 mesi; Attilio Scattamaglia: 4 anni ed 8 mesi; Massimo Schiavone: 4 anni ed 8 mesi; Domenico Curcio: 2 anni; Salvatore Tartaglia: 3 anni ed 8 mesi; Danilo Greco: 7 anni. Assolti Massimo Guarino, Giuseppe Guarino, e Rita Attardo. Non doversi procedere per prescrizi Alessandro Garofalo. Tra i difensori l’avvocato Junio Celesti, che assiste Schiavone e Garofalo.

La tesi della Dda di Catania

Per il pm della Dda di Catania, Alessandro La Rosa, il clan Borgata aveva messo sotto scacco i commercianti del quartiere Santa Lucia, costretti a piegarsi alle loro richieste di estorsione.

L’inchiesta

L’inchiesta dei magistrati della Procura distrettuale di Catania e della polizia comprende il periodo compreso tra il 2009 ed il 2010. Al vertice del sodalizio c’era Giuseppe Curcio, diventato negli anni scorsi collaboratore di giustizia, che avrebbe ricevuto il permesso dalla cosca Bottaro-Attanasio di operare nello storico quartiere di Santa Lucia, svolgendo, in totale autonomia, ogni affare, dalle estorsioni fino al traffico delle sostanze stupefacenti.

La gestione

Secondo l’accusa, il pizzo imposto ai commercianti della zona, tra cui bar, un mobilificio ed altre attività economiche, sarebbe servito per finanziare il commercio degli stupefacenti e pagare gli stipendi agli affiliati. Con quel tesoretto, che finiva nelle casse della cosca, Curcio si sarebbe presentato dai fornitori, in particolare il clan Bottaro-Attanasio, per comprare partite di cocaina, hashish o marijuana e poi venderle al dettaglio. Un giro economico da parecchie migliaia di euro che avrebbe trasformato il clan della Borgata in una delle aziende criminali più floride del capoluogo.

Lo scossone nel gruppo dopo il pentimento

La decisione di Giuseppe Curcio di pentirsi avrebbe cambiato l’organigramma del gruppo, in cerca di un capo: secondo gli inquirenti, le redini sarebbero passate ai fratelli Guarino, Giuseppe e Massimo, poi finiti in carcere ma il Tribunale, presieduto da Salvatore Cavallaro ha assolto.

La posizione della donna

Il Tribunale ha assolto anche la madre dei due fratelli,  Rita Attardo, madre dei fratelli Guarino, che secondo la Dda avrebbe recapitato i messaggi dei figli contenenti le disposizioni relative alla gestione del clan e della cassa comune. Inoltre, per il pm La Rosa, la stessa Attardo, avrebbe provveduto a riscuotere, per conto degli stessi figli, gli stipendi.