Il Pronto soccorso di Siracusa è al collasso. Lo dicono da mesi i sindacati e lo stesso Ordine dei medici ha sollevato il problema della carenza di medici ma quando a denunciare sono gli stessi dottori, che paventano un rischio per la salute dei pazienti, allora il pericolo è davvero concreto.

Il video su TikTok

Nelle ore scorse, su TikTok è stato pubblicato un video in cui si sente lo sfogo di un medico donna in servizio al Pronto soccorso che, davanti agli utenti, avverte del rischio

“Siamo in 9 invece che 25, la direzione se ne frega”

“Dovremmo essere in 25 ed invece siamo solo in 9. La direzione se ne frega nonostante le nostre denunce. Dovete avere pazienza con noi, siamo stremati, questo Pronto soccorso è a rischio chiusura, cortesemente aiutateci, non ce la facciamo più: non c’è personale per visitare con elevato rischio clinico” ha detto il medico

La solidarietà dell’Ordine dei medici

“Innanzitutto si intende manifestare totale solidarietà alla dottoressa Aurora Failla, individuata come l’autrice delle dichiarazioni, la quale in un contesto lavorativo difficile come quello in cui operano lei e altri colleghi, continua a fare il suo dovere con abnegazione e ai limiti della resistenza psico-fisica” spiega il presidente dell’Ordine dei medici di Siracusa, Anselmo Madeddu.

Concorsi deserti

Secondo il presidente dell’Ordine dei medici di Siracusa, il problema della carenza di dottori è dovuta al fatto che i concorsi vanno deserti. In pochi, vogliono lavorare nei Pronto soccorso.

“La verità infatti è che i concorsi per reclutare nuovi medici ai Pronto Soccorsi sono stati regolarmente fatti, a Siracusa come altrove, ma questi vanno deserti perché sul mercato del lavoro non si trovano più medici disposti a lavorare nei pronto soccorso e in altre aree critiche della Sanità. Vogliamo chiederci una volta per tutte perché sta succedendo tutto questo” dice Madeddu.

Medici del Pronto soccorso mal pagati

“Oggi in Italia i medici dei pronto soccorso, sottopagati e stremati dai turni massacranti, vengono insultati, aggrediti fisicamente, picchiati e aggrediti – dice Madeddu – anche giudiziariamente con cause temerarie che nel 97% dei casi, dopo dieci anni, terminano con l’accertamento dell’innocenza del medico, ma che nel frattempo gli hanno rubato anni di serenità e spesso di vita. Non c’è dubbio che la gran parte delle aggressioni ai camici bianchi derivano da un evidente disagio dei pazienti, spesso sottoposti a lunghe attese, ed anche alla carenza di informazioni”