Il Tar di Palermo ha giudicato inammissibile il ricorso presentato da Luigi Fiumara, medico chirurgo, originario di Floridia, direttore di Chirurgia generale dell’ospedale unico Avola-Noto, che si è candidato a Siracusa alle scorse elezioni regionali nella lista De Luca sindaco di Sicilia ma rimasto fuori dall’assemblea siciliana.
Lo afferma il deputato regionale del Mpa, Giuseppe Carta, che si è costituito in giudizio insieme al parlamentare Ars del M5S, Carlo Gilistro, “per cui non vi erano i presupposti per inficiare il risultato elettorale”.
Il ricorso del candidato di De Luca a Siracusa
Il ricorso di Fiumara si poggiava sulla considerazione che si sarebbero registrate delle anomalie nelle operazioni di scrutinio, del resto in 43 sezioni del Siracusano, del resto la macchina elettorale si paralizzò, ritardando così la proclamazione del presidente della Regione e dei parlamentari all’Ars.
Il Tribunale di Siracusa compì successivamente delle verifiche sui verbali di queste sezioni ma, come già denunciato dall’ex deputato regionale, Enzo Vinciullo, dalla lettura di questi documenti sarebbero emerse tante perplessità.
“Più voti che schede”
“In alcune sezioni – denunciò a BlogSicilia Luigi Fiumara – si sono registrati più preferenze che schede: un fatto gravissimo ma abbiamo avuto modo di vedere delle altre anomalie, come la redazione dei verbali a matita o l’assenza di alcune buste”
Condannato alle spese processuali
Il deputato regionale del Mpa, Giuseppe Carta, ha anche annunciato che “Fiumara è stato condannato al pagamento delle spese di giudizio in favore dello stesso Carta e di Carlo Gilistro, liquidando euro 2,500 per ciascuno oltre oneri e accessori come previsto dalla legge.
I commenti dei due deputati siracusani
“Una sentenza che riconosce la legittimità delle elezioni svolte e il rispetto dei principi della legalità” – commenta Giuseppe Carta – “Oltre la buona fede dei candidati che, comunque, non era mai stata messa in dubbio”.
Soddisfatto anche l’onorevole Gilistro che dichiara: “Un pronunciamento con cui si mette un freno alla cultura del sospetto, quella che porta a disconoscere il lavoro di apparati importanti e di garanzia del nostro sistema democratico, finendo per allontanare i cittadini dalla partecipazione democratica.“
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