Gli agenti di polizia hanno eseguito una misura cautelare nei confronti di tre caporali che sono accusati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Il provvedimento che è stato emesso dal gip del Tribunale di Siracusa nei confronti di due italiani ed un tunisino, si è tradotto con il divieto di dimora nel Comune di Pachino. Per loro anche l’aggravante costituita dal fatto che il numero dei lavoratori reclutati era superiore a tre.
Le intercettazioni e le immagini
La misura cautelare è l’epilogo di una complessa e articolata attività di indagine, condotta dalla polizia che si è avvalsa di intercettazioni telefoniche e di immagini estrapolate dalle telecamere installate nei vari obiettivi, nel periodo compreso dal 4 al 24 luglio 2020.
Manodopera sfruttata e irregolare
L’indagine avrebbe messo in luce che, alle dipendenze dell’impresa, vi erano soprattutto lavoratori irregolari, per lo più di nazionalità straniera, privi di permesso di soggiorno e di stabile occupazione, impiegati occasionalmente e posti in condizioni lavorative di sfruttamento.
Il reclutamento
Secondo quanto emerge nell’inchiesta, coordinata dalla Procura di Siracusa, l’imprenditore agricolo, per il reclutamento della manodopera, si sarebbe servito del tunisino, per quanto concerne la gestione sui vari luoghi di lavoro si sarebbero interessati diversi “massari” alle dipendenze dell’azienda. “Nella prospettazione accusatoria, gli indagati avrebbero dolosamente violato le norme del contratto collettivo di categoria in materia di retribuzione, di riposi, e le disposizioni che tutelano la salute e la sicurezza sul lavoro dei dipendenti” spiegano dalla Questura di Siracusa.
Tavolo regionale contro il caporalato
Nei giorni scorsi, si è riunito il tavolo tecnico regionale, nei locali dell’assessorato della Famiglia, delle politiche sociali e del lavoro in via Trinacria a Palermo.
“Questo organismo –ha commentato l’assessore Nuccia Albano – ha tra i suoi obiettivi quello di stimolare e indirizzare l’azione dei soggetti pubblici e privati coinvolti. Un ruolo che deve svolgere con grande responsabilità, nell’auspicio che, con questo impegno, si possa realmente migliorare la vita di chi vive una condizione di grave sfruttamento e in alcuni casi di vera e propria schiavitù”.
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