“E’ inaccettabile essere sottoposti a trattamento punitivo per aver denunciato pubblicamente una condizione non del tutto regolare da parte dell’amministrazione della casa di reclusione di Augusta nei confronti di rappresentanti sindacali della polizia penitenziaria“.
La vicenda di un dirigente del Sippe
Lo afferma il coordinatore provinciale della Cgil Polizia penitenziaria, Argentino, in merito alla vicenda di Sebastiano Bongiovanni, dirigente nazionale del Sippe, in servizio nel carcere di Augusta, destinatario di un provvedimento disciplinare emesso dall’amministrazione penitenziaria.
Le aggressioni e le morti
In questi ultimi due anni, Bongiovanni si è reso protagonista di denunce in merito alle condizioni della struttura carceraria che hanno alimentato violenze ai danni degli stessi agenti o gesti drammatici, come quello dei due detenuti, deceduti nei mesi scorsi, a seguito di uno sciopero delle fame.
Secondo la Cgil, si tratta di un provvedimento che tende a minare la libertà sindacale. “A volte si tenta di minare la libertà di espressione sindacale con azioni tese ad intimidire il rappresentante sindacale, che siano disciplinari o giudiziarie” spiega il sindacalista della Cgil.
Modus operandi
Il coordinatore della Cgil Polizia penitenziaria ritiene che in questa stessa struttura sanitaria sono capitate situazioni analoghe a quelle subite da Bongiovanni.
“Alla casa di reclusione di Augusta episodi come questi sono piuttosto frequenti, come si rileva dalle non infrequenti pubbliche denunce da parte dei rappresentanti delle varie sigle sindacali. Non ultimo e a titolo di cronaca, va rilevato che, per quel che ci è dato sapere, alcuni rappresentanti sindacali e un Vice sovrintendente hanno depositato in Procura querele a carico di un dirigente dell’amministrazione penitenziaria della casa di reclusione megarese. E’ chiaro che la querela non è una condanna e vale sempre la presunzione di innocenza fino a prova contraria, ma questo dovrebbe essere più di un campanello d’allarme per l’Amministrazione Penitenziaria, perché quando la normale dialettica sindacale devia in atti giudiziari o azioni disciplinari, significa che il sistema delle relazioni non è stato tutelato nel suo normale percorso”.
Commenta con Facebook