Il Governo nazionale ha deciso di tutelare il Petrolchimico di Siracusa, minacciato nei mesi scorsi dagli effetti delle sanzioni della guerra in Ucraina per via della presenza della russa Lukoil nella zona industriale, definendolo sito strategico di interesse nazionale.

La compravendita delle raffinerie Lukoil

L’imminente compravendita delle due raffinerie Isab Lukoil da parte del fondo cipriota Goi Energy dovrebbe risolvere la questione russa, per cui il nuovo proprietario potrà acquistare petrolio senza i limiti delle banche imposte a Lukoil a cui sono stati negati, dal marzo dello scorso anno, i crediti.

Stop mezzi a diesel e benzina dal 2035

Si pone, però, un altro problema dopo la decisione europea di vietare l’acquisto di mezzi con motori a diesel e benzina a partire dal 2035. In questo modo, il Petrolchimico ha gli anni contati. Eppure, in questo angolo della Sicilia orientale si produce carburante, pari al 22 per cento di quello usato in tutta Italia.

Che ripercussioni sulla zona industriale?

Che ripercussioni ci sarebbero? Di certo, la fine della zona industriale così come di un pezzo importante dell’economia locale, visto che il Petrolchimico vale circa il 60% del Pil locale, e di quello della Sicilia. Di questo abbiamo discusso nella trasmissione di BlogSicilia Sulle strade di Siracusa, con il presidente regionale di Piccola industria Confindustria Sicilia, il siracusano Sebastiano Bongiovanni.

“Danno alla nostra economia” per Confindustria

“E’ evidente che ci sono ripercussioni quando – spiega Bongiovanni – si assumono decisioni così rigide, uno di carattere sociali, per via dei posti di lavoro, l’altro legato ai costi che peseranno sui consumatori. Lo abbiamo visto dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, per cui, in merito alle scelte sulle politiche energetiche abbiamo bisogno di sistemi di protezione. L’Europa deve ragionare come fosse una nazione, non possiamo permetterci di avere delle rigidità limitate solo al nostro Continente, mentre nel resto del mondo si procede verso altre direzioni. In questo modo, creiamo un danno alle nostre economia, di cui beneficeranno altre realtà ed il rischio di essere sopraffatti diventerebbe più che concreto”

La questione Ias

Al netto della vicenda delle raffinerie Lukoil, la zona industriale è a rischio per un’altra vicenda, connessa al sequestro del depuratore Ias di Priolo che raccoglie e tratta i fanghi delle imprese del Petrolchimico oltre ai reflui civili di Priolo e Melilli.

L’impianto è al centro di una inchiesta giudiziaria per disastro ambientale della Procura, il gip ha sequestrato la struttura perché, secondo gli inquirenti, avrebbe causato l’inquinamento del mare.

Il Governo, nelle settimane scorse, ha emesso un decreto per legare il depuratore al Petrolchimico in modo che sia anch’esso sito strategico nazionale. Un salva Ias che, però, secondo un avvocato di Legambiente, Paolo Tuttoilmondo, rischia di creare un conflitto istituzionale, oltre al fatto che non la panacea di tutti i mali.

“Non è il ministero dell’ambiente ad autorizzare la prosecuzione dell’attività ma è il giudice, che in caso di sequestro come nel caso dell’Ias, può disporre e non deve la prosecuzione attraverso un amministratore giudiziario a cui affidare un mandato che tenga conto di una serie di prescrizioni che bilancino le esigenze della produzione con la tutela dell’ambiente. Se si scegliesse una linea restringente o restrittiva, il Governo potrebbe impugnare questa scelta davanti al Tribunale di Roma” spiega Paolo Tuttoilmondo.

Energia verde con le torri eoliche off-shore

E’ possibile immaginare una zona industriale senza le raffinerie? Secondo Enzo Parisi, storico esponente di Legambiente la risposta è sì.

“Oggi siamo in grado di produrre energia sostenibile: il mio pensiero – dice Parisi – va alle torri eoliche off-shore, cioè ad una distanza notevole dalla costa, con pochissimo impatto sui fondali, in quanto sarebbero adagiate su  piattaforme galleggianti. Queste torri producono energia rinnovabile pulita, quella in eccesso verrebbe usata per produrre idrogeno, attraverso gli elettrizzatori che sono situati a terra. Potremmo costruire qui le torri eoliche, per poi trasportarle dove servono oltre al fatto che si creerebbe lavoro con la manutenzione”.

Zona industriale Hub per idrogeno

Nei mesi scorsi, Confindustria spiegò che la zona industriale avrebbe potuto trasformarsi in un Hub per la produzione di idrogeno. Una tesi sposata anche dall’ex presidente della Regione, Nello Musumeci. E gli ambientalisti che ne pensano?

Idrogeno verde per Legambiente

“L’idrogeno prodotto a terra è indispensabile per decarbonizzare quelle che sono le emissioni difficili da abbattere, prodotte dalle imprese della zona industriale. Questo darà lavoro e conoscenza, migliorando la qualità dell’ambiente e della nostra vita” dice Parisi.

“Un hub dell’idrogeno è fortemente auspicabile – si chiede Parisi – ma quale idrogeno? Non quello prodotto dalle fonti fossili, né quello blu, dove l’anidride carbonica rappresenta un rischio elevato. Bisogna puntare sull’idrogeno verde, attraverso le energie rinnovabili”

 

La versione podcast della puntata

 

 

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